Fiorenza

Pubblicato il Di in Pezzi Storici

Franco Albini è stato un importante architetto, urbanista e designer. Tra le più importanti collaborazioni nel corso della carriera di Albini, vi è quella con Arflex per cui realizzò un prodotto che ancora oggi viene distribuito: la poltrona Fiorenza.

I primi esemplari di produzione artigiana della seduta risalgono al 1939, (casa Albini) la poltrona Fiorenza di Arflex, viene prodotta nel 1952, è il re-design della prima versione. Diverse anche le successive rielaborazioni e varianti della poltrona, le cui modifiche riguardavano soprattutto il cavalletto di legno e la sua connessione con le parti imbottite. Nella versione del 1952 vi era la cinghia di sostegno alla seduta, nel 1956, la nuova versione ha gambe verticali e scompare la cinghia, infine in una versione del 1967 di produzione Poggi,  si rinterpreta quella che fu la prima versione del 1939 realizzata per casa Abini.

Casa Albini-1940

Casa Albini-1940

 

La poltrona Fiorenza, si caratterizza per essere ergonomica ideale per il riposo e il relax. Una reinterpretazione le più  tradizionali “bergères”, con   una linea leggera e un design contemporaneo . Assunta a simbolo di comodità e comfort, la poltrona Fiorenza tanto da comparire in una pubblicità di Pirelli degli anni Cinquanta. La poltrona Fiorenza, è utilizzata come immagine – simbolo delle potenzialità della gommapiuma, considerato in questi anni. il materiale più tecnologicamente avanzato, nel campo degli imbottiti.

La poltrona si contraddistingue per la struttura a X in legno, segno ripreso anche dal retro dello schienale, in corrispondenza del poggiatesta. La struttura portante a vista è in legno massello di faggio tinto noce e il bracciolo è in metallo rivestito in poliuretano espanso, flessibile schiumato in stampo. Il rivestimento della poltrona proposto in una ricca varietà di tessuto e colore, non è sfoderabile.

Oggi la poltrona è tra i prodotti di design più noti di Franco Albini, ed è esposta alla Triennale di Milano, al museo permanente della Triennale di Tokyo e al Museo dell’arredo contemporaneo di Ravenna.