Bruno Munari ha utilizzato l’arte come originaria forma espressiva. Ancora prima della grafica, del design, della pedagogia e dell’editoria, l’arte ha guidato il suo genio creatore. La mostra Munari politecnico è il racconto di un artefice poliedrico, del suo ruolo nell’arte italiana ed europea, nel corso del Novecento e dei legami che lo hanno portato ad essere un protagonista eclettico di numerosi movimenti artistici. Le opere in mostra provengono in gran parte dalla collezione di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz che nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi, fungendo spesso da complici di alcuni incontri e sconfinamenti.
Il percorso della mostra mette in dialogo le opere di Munari con quelle appartenenti alle Collezioni Civiche del Comune di Milano, al Museo del Novecento e agli archivi di ISISUF – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo, di cui Munari fu tra i fondatori assieme a Carlo Belloli.
L’obiettivo di Munari politecnico è rivelare la sua propensione artistica, compito che idealmente prosegue l’esposizione allestita nel 1996 nelle sale della Fondazione Vodoz-Danese di Milano, rileggendo la collezione e aprendola a un dialogo con una generazione di artisti che con lui hanno avuto un rapporto dialettico.
Le prime quattro sezioni della mostra sono dedicate rispettivamente: agli orientamenti artistici giovanili di Munari attraverso il disegno, il collage e una prassi visuale riferibile alle pratiche delle avanguardie storiche; al suo rapporto con la ricerca scientifica, come ancella e supporto di intuizioni plastiche, di risposte linguistiche nonché come elemento attivatore di funzioni creative; all’arte come matrice generative di nuovi approdi disciplinari; alla produzione artistica durante il susseguirsi di diversi movimenti novecenteschi.
Queste opere vivono di corrispondenze e influenze, in quanto citate da Munari nei suoi libri quali quelle di Mary Vieira e Victor Vasarely; in quanto realizzate da autori che hanno esposto e condiviso ricerche con lui come Enzo Mari, Max Bill, Franco Grignani e Max Huber; e in quanto legate ad artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani, Arturo Bonfanti, Paolo Scheggi e Marina Apollonio. Da porre in evidenza anche coloro che hanno condiviso momenti originari, quali dapprima Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e successivamente con il Gruppo T. Infine, questa stessa sezione include figure che con Munari hanno mantenuto un rapporto ideale in termini di capacità e ispirazione, come Giulio Paolini e Davide Mosconi.
Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano, oggi come allora, con l’immaginario estetico di Munari, anche grazie a un sistema di allestimento che si compone attraverso l’assemblaggio di strutture leggere e supporti diversi legati l’uno all’altro tramite incastro e gravità, il tutto con uno sguardo alla poetica munariana ma anche alla cultura del progetto contemporanea.
Accanto alla mostra principale il Focus è dedicato all’opera fotografica, in parte inedita, realizzata da Ada Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i principali momenti della vicenda professionale e umana dell’autore.
L’esposizione ha come titolo “Chi s’è visto s’è visto” locuzione molto amata da Munari per sovvertire con familiarità il rapporto tra la rappresentazione di sé, la dimensione visuale del ritratto e le sue apparenze riflesse. Espressione spesso reinterpretata durante la condivisione di lunghi periodi di collaborazione e di momenti di amicizia, tanto con Ada Ardessi quanto con Atto, che per oltre quarant’anni hanno documentato le più importanti tappe del suo percorso creativo. Le fotografie in mostra restituiscono l’inafferrabile complessità semantica di Munari e scalfiscono lo stereotipo didattico di cui è stato investito nel corso degli anni.
La mostra non ha un catalogo, ma nel corso del suo svolgimento, il curatore raccoglierà testimonianze, interviste e saggi di personalità che hanno incontrato Munari o che con lui hanno lavorato, proponendo interventi di studiosi che si sono concentrati su questa figura nodale del Novecento. L’uscita di questa pubblicazione, prevista per la fine della mostra, ha l’ambizione di aggiungere una testimonianza viva e dialettica alla figura di Munari, artista e anti-specialista.