La poetica è progetto: Arredativo incontra i Gumdesign

Pubblicato il Di in Approfondimenti, Interviste

Uno studio creativo, una coppia nel lavoro e nella vita: sono i Gumdesign, al secolo Gabriele Pardi(architetto) e Laura Fiaschi (designer e grafica) titolari dello studio viareggino che spazia dal design all’architettura , in pratica tutto ciò che è creatività e progetto.
Li abbiamo incontrati durante un workshop allo IED di Firenze, un occasione per conoscerli e farci raccontare i loro progetti…

 

1. Il progetto La Casa di Pietra, è prima di tutto una riflessione sulla casa e su un materiale importante come la pietra: da dove è nato questo progetto e come si è evoluto ?
Siamo stati invitati dalla Fiera di Verona / Marmomacc ad ideare un evento culturale; quale strada prendere per sviluppare un progetto culturale che non terminasse in se stesso? Una strada era quella dell’installazione, l’altra era costruire un evento che potesse diventare qualcosa di più che non si concludesse con la fiera ma potesse scaturire energie e sinergie.
Abbiamo scelta questa seconda strada. Il tema della casa di pietra nasce da una piccola riflessione sugli oggetti in pietra: siamo nati nelle caverne, poi dalle caverne siamo usciti, abbiamo costruito le case e progressivamente la pietra è uscita dalla casa.
Ci sono solo alcuni oggetti iconici, come lampada Arco di Castiglioni in cui il marmo è presente in modo importante, ma in linea di massima la pietra è scomparsa dalle nostre case. E’ comparso invece il cristallo l’argento, la pelle, il legno… tutta una serie di materiali che non facevano parte della nostra esistenza primordiale e che si sono aggiunti progressivamente. La pietra è rimasta come contenitore ma non come contenuto.
A quel punto abbiamo pensato di dare come titolo a questo evento: la casa di pietra, ci piaceva perché già trasmetteva questo contenuto, questo significato.
Abbiamo coinvolto una serie di aziende; la prima è stata la Fruil Mosaic con cui abbiamo sviluppato la parte più importante dell’allestimento, quella che faceva da scenografia, passerella.


Progressivamente abbiamo coinvolto le altre aziende che dovevano produrre i primi campioni, i primi prodotti che dovevano essere in pietra ed altri materiali.
Abbiamo coinvolto inizialmente 16 aziende (ad oggi siamo arrivati a 25) e cominciato ad abbinarle sulla base delle caratteristiche dei materiali, a combinarle facendole lavorare assieme.
Così sono nate le collezioni di prodotto che raccontano ognuna le tappe evolutive dell’uomo. La casa di pietra diventa un racconto per immagini, per oggetti tridimensionali.
Tutta una serie di prodotti che possono essere assolutamente funzionali o non funzionali, diventare oggetti concettuali o addirittura sculture.

2. Nel progetto compare il termine casa, che rapporto avete con la casa?
Il progetto parte da un oggetto che racconta, indipendentemente dallo spazio in cui viene collocato. E’ l’oggetto che si relaziona esattamente come con una persona, la finalità progettuale è dargli una sua vita.
Il concetto deriva da esperienze accumulate, da percezioni, stimoli, tutta una serie di pillole che sono servite a formare un’esperienza personale.

3. In Italia il design fa quasi sempre capo a Milano voi siete invece molto radicati con il vostro territorio (Viareggio) quanto è importante per voi questo legame e se vi è sentite un gap rispetto ai vostri colleghi milanesi ?
Con il senno di poi, siamo felici di aver fatto questa scelta. Restare a Viareggio in Toscana è stata una scelta felice perché è una vita quotidiana diversa. D’altronde Milano è una città che offre molto dal punto di vista culturale, mostre, teatro …
Ma le distanze ormai sono abbattute dai sistemi comunicativi; ad esempio molti di questi progetti sono stati spediti alle aziende, ci sono imprenditori che abbiamo conosciuto solo in fiera e gli oggetti sono stati controllati a distanza, senza comunque venire meno alla conoscenza di base dell’azienda. La scelta di lavorare fuori da Milano ti permette di vedere le cose in modo un po’ diverso.
Conosciamo molti più designer a Milano che in Toscana e Milano resta comunque una calamita, devi comunque esserci. In qualche modo però, lavorare fuori ti da quel minimo di distacco dalla metropoli. Una città impone ritmi e li impone a te che la vivi; un piccolo centro ha ritmi diversi, visioni diverse, la lentezza a volte può essere una nota positiva.

4. Parlando proprio di città, ricordiamo il vostro progetto Cestino A3, un intervento per una piazza di Viareggio; quanto il contributo del design e della progettazione potrebbe tradursi in recupero di spazi?
Lavorare nella propria città è molto difficoltoso (nemo propheta in patria) e sei soggetto a tutta una serie di condizioni tipicamente locali, pero può darti molte soddisfazioni perché fai qualcosa per la tua città. Detto questo, lavorare sul territorio anche con interventi minimi è sempre molto eccitante, divertente e comunque sia, ti permette di creare relazioni con persone locali che per assurdo non conoscevi.

 

5. Se dovreste scegliere un pezzo della storia del design che avreste voluto disegnare, un oggetto che avreste voluto fare voi ?
Un pezzo da realizzare… ce ne sarebbero così tanti. Zizi di Munari… siamo legati particolarmente a Munari, al suo modo di raccontare, così come anche Achille Castiglioni .
Ma anche L’orologio senza tempo di Munari, tutti quegli interventi che in qualche modo sono più legati alla poetica, e al mondo dell’interpretazione personale dello spazio, del tempo, dell’oggetto, piuttosto che al design di prodotto industriale. Ci avviciniamo di più a questo tipo di personaggi, li sentiamo vicini .

 

6 Da qualche anno il design  sta riscoprendo l’autoproduzione anche grazie alle nuove tecnologie che accelerano la realizzazione di oggetti auto-prodotti. Come vi ponete nei confronti dell’autoproduzione ?

L‘Autoproduzione è un segnale molto positivo per un motivo abbastanza semplice.
La grande industria è entrata in crisi, alcuni degli autoproduttori di oggi saranno probabilmente gli imprenditori di domani.
Un nuovo Rinascimento. Come tutti i fenomeni sociali alla fine saranno pochi a realizzare i propri sogni, a realizzare grandi imprese, ma è una reazione positiva al disagio contemporaneo.