Parliamo di design e autoproduzione. Definitela tendenza, fenomeno culturale o semplicemente necessità di sperimentare e mostrare la propria creatività. In qualunque modo lo si guardi il Design Autoprodotto è un tema contemporaneo. Oggi è una pratica che apre il dibattito coinvolgendo a vari livelli tante discipline ( la riscoperta dell’artigianato, le nuove tecnologie, la digital fabrication ecc…) ma è anche e sopratutto, una “esigenza creativa” passata attraverso le generazioni di designer. Ma cominciamo facendo un nome: Studio Alchimia.
Lo studio Alchimia è uno studio artistico fondato nel 1976 a Milano da Adriana e Alessandro Guerriero. Aderirono a questo gruppo molti nomi noti del design: Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Michele De Lucchi, Franco Raggi, Paola Navone, Daniela Puppa e Lapo Binazzi.
Lo studio viene definito il “primo esempio di progettisti produttori“. Il movimento nasce da un atteggiamento polemico e di rottura verso l’atteggiamento progettuale e positivista tradizionale. Le loro produzioni si allontanavano da quelli che erano considerati i normali canoni dell’arredamento dell’epoca. Realizzavano oggetti che non facevano riferimento a una tendenza, anzi questo era uno dei loro punti di partenza: uscire dalla catalogazione. Spesso venivano prodotti arredi caratterizzati da colori vivaci e inaccostabili per il gusto di quel periodo ed erano realizzati com materiali innovativi come i laminati plastici.
Nella poetica dello studio si rintraccia anche una visione romantica del fare design, che parte da considerazioni filosofico-antropologiche. Qua sotto riportiamo parte del Manifesto dello Studio.
”Per il gruppo Alchimia oggi è importante l’atto del “disegnare”. Disegnare, ovvero emettere segni, non è “design” e non è “progetto”: è invece un libero e continuo movimento del pensiero, quando si esprime visivamente. Un movimento “motivato”.Per Alchimia il suo compito di gruppo che disegna è quello di consegnare agli altri una testimonianza del “pensiero sentimentale”. La motivazione del lavoro non sta nella sua efficienza pratica, la “bellezza” dell’oggetto consiste nell’amore e nella magia con cui esso viene proposto, nell’anima che esso contiene“. Manifesto Alchimia
Gli oggetti progettati non sono necessariamente utili, non nascono con una finalità univoca, non sono classificabili nelle comuni categorie. Tutto viene decontestualizzato e rivisto in modo provocatorio. Alfabeti Visivi, Redesign, Design Banale, sono alcuni degli slogan che accompagnano la vasta produzione dello studio Alchimia.
Del 1978 e del 1979 sono le prime collezioni Bau haus e Bau haus II. Si tratta di lampade, poltrone, sedie, tavolini, armadi ed altro ancora. Fra le proposte dello studio, ricordiamo anche il Mobile infinito progetto che annulla per eccesso sia le tipologie che la firma stessa dei progettisti (1981), la poltrona Proust (1980), il Letto di fiori (1981), la Casa di Giulietta (1982), Letto d’incubo (1982), la Stanza Filosofica (1982), Cerambice (1984). Sono spesso oggetti artigianali, di recupero, di massa, provocatori e Kitsch, ma sempre molto carichi di significato.
Non c’è solo il design, lo Studio Alchimia sperimenta e si esprime in molti settori: da la Pensione Ideale (Franco Raggi), alle Copertine di Domus (Occhiomagico), dall’Abito Sonoro e le performance di Persone Dipinte (Anna Gili), alla moda ( CinziaRuggeri). Ma anche sperimentazione teatrale con i Magazzini Criminali, video (Metamorfosi) e suoni (Matia Bazar).
Nel 1984 Alessandro Guerriero divenuto socio fondatore di Domus Academy, da vita a Nuova Alchimia con il marchio Zabro. Si tratta di un progetto sostenuto da Aurelio Zanotta, che si traduce in un “laboratorio” di arti applicate tra artigianato e design. Questa esperienza nella storia del design rappresenta un’ occasione importante e dalla quale prenderà corpo, negli anni successivi, con una collezione di pezzi dal carattere post industriale.
Solo nel 1992 l’attività di Alchimia viene conclusa.