E’ passata quasi una settimana dalla conclusione del Salone del Mobile di Milano e del conseguente Fuori Salone. Appuntamento imperdibile, per chi si occupa a vari livelli di design, progettazione interni o anche solo ama vedere e scoprire tutto “il bello” che viene messo in mostra in quei giorni a Milano. La città in quei giorni si trasforma, o meglio, si conferma capitale del design.
Non faremo una classica, non ci è possibile. Per poter mettere in classifica cosa era top e cosa non lo era per noi, bisognerebbe aver visto tutto. E poiché riuscire a vedere in solo 7 giorni l’enorme quantità di eventi è umanamente impossibile, vogliamo parlare dei 5 eventi che ci ricorderemo nella nostra settimana del design milanese edizione 2016.
Tralasciamo il Salone del Mobile e la fiera di Rho con i vari brand più o meno noti, con le loro proposte innovative o le cose già viste, tra brand che salgono e che scendono. In questo senso, per sapere quello che ci è piaciuto basterà seguirci. Ma è evidente che il Salone è sempre di più sopratutto Milano Design Week: gli eventi, le mostre, le installazioni che animano la città la vestono a festa, la festa del design. Per questo a parte una piccola parentesi sul Salone Satellite dove le proposte dei giovani erano davvero molto interessanti (notevole anche la presenza di designer italiani ) tutte le cose che ricorderemo, non sono legate alla fiera di Rho ( che resta comunque il punto di riferimento) ma al Fuori Salone.
Semplicemente piacevole (spesso la semplicità appaga più di troppi virtuisismi…) l’installazione Herringbones firmata dallo studio londinese Raw Edges e curata da Federica Sala. Giochi di colore, interazione tra visitatore e installazione, un idea di qualità nel distretto 5vie, che ai nostri occhi si è mostrata come una piacevole realtà, non solo per questa opera, ma anche per altri che animavano la zona.
Tanto chiacchierata, tanto fotografata, presente sulle riviste di settore e molto bella da vedere da vivo è stata Credenza, la capsule collection nata dall’incontro tra l’estro creativo di Patricia Urquiola con la grafica di Federico Pepe di Le Dictateur in esposizione ed in Collezione presso Spazio Pontaccio.
Si tratta di arredi in vetro piombo che traggono ispirazione dalle vetrate dei luoghi sacri, come quelle realizzate da Gerhard Richter per la cattedrale di Colonia, e dalla luce che le attraversa. Spettacolare!
Sempre in zona Brera, alla Galleria Clio Calvi Rudy Volpi siamo stati “rapiti” dai colori e dalle forme della collezione di vasi firmati da Andrea Branzi. La collezione dei vasi Luna 38 in argento dorato su basi in gesso dipinto.
Si tratta di Oro, gesso e pesci, una mostra che mette in rapporto due materiali molto diversi tra loro; uno prezioso e l’altro poverissimo, appunto gesso ed oro accanto anche i gioielli a forma di pesci.
L’oro inserito in piattaforme di gesso dimostra che i materiali più preziosi non sono poi così diversi dalla malta che li sostiene; i gioielli a forma di sottili pesci d’oro o di decorazioni epidermiche, rispondono all’antichissima teoria transizionale per cui attraverso di loro si esaltava, non la ricchezza, ma la virtù e la vitalità di chi li indossava.
Nell’insieme si produce così un cortocircuito virtuoso, animista, scientifico, disomogeneo; forse è finita l’epoca in cui il design metteva ordine nelle cose…
Ci siamo imbattuti nella galleria girovagando tra un appuntamento e l’altro, e ne siamo rimasti davvero piacevolmente colpiti.
E’ stata invece una visita mirata quella a Ten Secret Treasures l’allestimento di JCP curato da CTLZAK. Lo spazio ci ha accolto in un atmosfera surreale, un allestimento artistico, un percorso tra luci colori e opere di design. Un progetto a lungo termine questo, che nell’occasione ha visto coinvolti oltre allo studio CTRLZAK ,alla direzione creativa, anche i designer Alessandro Zambelli e Emanuele Magini.
Infine abbiamo trovato: la calma, la quiete e l’equilibrio. Come sempre l’opera rigorosa di Nendo si conferma una tappa immancabile. Così è stato poter vedere le 50 Manga Chair nel Chiostro Minore di San Simpliciano. Una cornice storica, che accoglieva degli oggetti di design.
Giochi luci (l’illuminazione in notturna cambiava l’aspetto all’installazione) riflessioni e giochi d’ombre che si disegnavano sulla ghiaia bianca del patio che ospitava le sedie. Mancava il contatto diretto con gli oggetti assemblati al centro, ma ciò nonostante le sedie comunicavano con lo spettatore. Ed erano proprio quello, la comunicazione non parlata dell’oggetto di design come quella raccontata dai fumetti.