DesignHero, è il nostro viaggio virtuale alla scoperta del design, delle mille sfaccettature di questo mestiere, dei diversi punti di vista che animano le persone che tutti i giorni operano in questo settore. La Milano Design Week 2016 ci ha offerto la possibilità di incontrare molti protagonisti del design contemporaneo, progettisti, designer ma non solo anche figure rilevanti per il designer italiano. Tra questi Carlo Urbinati, fondatore e titolare di Foscarini, che abbiamo incontrato nello showroom milanese per l’occasione allestito con un progetto firmato da Ferruccio Laviani (già autore di Tunnel of Light l’installazione in Showroom Foscarini durante la Milano Design Week 2015 ).
Anche l’installazione di quest’anno nello showroom di via Fiorichiari 28 in zona Brera è stata curata da Ferruccio Laviani, come è questa ormai consolidata collaborazione?
Bè, per noi che ci lavoriamo dagli anni ‘90 è come lavorare con un amico. Possiamo permetterci di dire: “Dai Ferruccio spingi un po’ più in là…”
Voi a lui?
Si, certo perché è un grande professionista. Per esempio la rampa inclinata e una cosa da curare con attenzione. In questo allestimento a noi interessava evidenziare questi effetti, spingere su certi accostamenti anche di colore , per questo abbiamo scelto colori decisi e forti.
Parlando di colori, questa scelta riguardo ai colori forti, vale anche per i prodotti?
Per le installazioni questa ha un senso ma per i prodotti è diverso. Noi vendiamo dei prodotti che hanno una ripetitività, che hanno una vita lunga, non possiamo permetterci dei salti troppo eccessivi. Il prodotto deve avere una continuità perché è un bene super durevole. Non è vestiario, è un prodotto che spesso ha una vita anche più lunga di un auto. E’ anche questo che noi cerchiamo di far capire agli acquirenti, quando comprano qualcosa di nostro. Cerchiamo di colpirli, di farli emozionare ma bisogna passare anche al valore del prodotto durevole. Trattandosi di un installazione, in un anno in cui non c’è Euroluce avevamo bisogno di un allestimento che potesse lasciare un impressione forte a chi arrivava qui nello showroom.
Obbiettivo è stato concentrare tutto in un luogo?
Esatto, one shot, se ti abbiamo colpito nella visita allora porti a casa anche qualcosa di nostro dai tuoi giri al Fuori Salone 2016. Il problema era la prima impressione, capire quale doveva essere. Il tema in buona parte per i prodotti di quest’anno è che stiamo lavorando su alcune lampade che hanno avuto ottimi riscontri e ampliandole in termini di dimensioni un po’ più importanti. Perché ci sono sempre più richieste per allestimenti importanti per cui le di dimensioni richieste sono più importanti.
Quando si ha a che fare con un allestimento, non c’è il rischio che i pezzi si nascondano ?
Certo, il rischio c’è. Bisogna saper bilanciare. Il gioco in questo allestimento presentato durante la Design Week 2016 è un pò “Alice nel Paese delle Meraviglie“.
Tecnicamente è una stanza di Ames, un gioco di illusioni ottiche, un soffitto che non sembra ciò che è. E’dissimulato da un gioco di linee colorate molto forti, ma in verità è molto inclinato così come il pavimento. Dove le due linee si incontrano la parete è molto bassa arriva ad 1,90 m per cui se qualcuno si mette in quel punto li, l’illusione ottica fa sembra tutto più alto. Quando invece si torna alle dimensioni normali per contrasto sembra di essere diventati piccolissimi . Questo gioco serve per dire che abbiamo lo stesso concetto di lampade però le abbiamo fatte più grandi e più piccole .
L’illusione è capire quale è quella piccola se ne sono state messe 2 uguali oppure una più grande e più piccola… In praticava tutto è relativo infatti il sottotitolo è: Reality or Illusion? Giants is a state of mind
Foscarini è presente questa anno anche in Triennale con la mostra ANNI LUCE: il viaggio di Lumiere attraverso 25 anni di storia, dedicata al celebre pezzo disegnato da Rodolfo Dordoni. Come vedete questo ottimo risultato e come immaginate il futuro di questo pezzo che è già un classico ormai?
Mi fa piacere capire nelle reazioni delle persone, che possiamo permetterci il lusso di fare una installazione come quella in Showroom, sia essere presenti in Triennale con una cosa completamente diversa per il suo peso e il suo taglio.
In entrambi i luoghi mi sento perfettamente a casa e questo, vedendo come reagiscono le persone rimane perchè si sta consolidando un patrimonio. Possiamo dire che quando facciamo un discorso molto serio riusciamo a farlo in un modo che attrae e colpisce la gente grazie anche ad un pezzo che ha compiuto 25 anni. Ma non la celebrazione di un risultato, Lumiere, è ancora un pezzo super vivo che ha ancora molto da dire e dare commercialmente e non. Ci interessava sottolineare questo fatto e per farlo abbiamo cominciato a pensare come far capire quanti sono 25 anni e quali sono questi 25 anni.
Strada facendo con il nostro gruppo di Inventario, abbiamo individuato almeno 4 filoni per far capire anche a chi non è uno specialisti di design. Avremmo potuto accostare Lumiere a pezzi degli anni ’90, ma sopratutto essendo in Triennale parte di questo grande progetto, e abbiamo pensato di fare un discorso diverso che potesse coinvolgere anche chi non è esperto. Abbiamo individuato 4 canali di contenuti: di design , di arte , avvenimenti geopolitici e novità tecnologiche. Tipo nel 1990 hanno smesso di produrre i 45 giri, una cosa per capire e pensare quanto tempo è passato..
Avete scelto un pezzo che ha 25 anni ma non li dimostra, un pezzo che poteva uscire ora
A noi interessa dire non che è da escludere che quello che presentiamo adesso, strada facendo, tra altri 25 anni non possa essere ancora li che corre.
Quando si fa uscire un prodotto “longevo”, si sente che ha qualcosa in più….?
Ci sono cose che si vedono si vedono subito, altre che invece deludono o che pensavamo fossero eccezionali per il mercato e invece sono andati al MOMA, ma è proprio questo che è cambiato in questi 25 anni. il baricentro di tutto. Anche gli utenti usufruiscono i modo diverso delle notizie, tutto si è spostato sul pubblico finale. C’è sempre meno critica che media l’utilizzatore finale è giustamente .
Ci sono pezzi che sono andati diritti al MOMA ma non hanno venduto quindi era un bel esercizio di sviluppo e produzione ma non interessava il pubblico però così rischia di diventare un esercizio accademico e sterile.
Bisogna confrontarsi con il pubblico è un esercizio che secondo me porta lontano ed è bene che impariamo a farlo.
Nella mostra in Triennale, infatti il design non è al centro del racconto. Per noi che facciamo design si, è importante. Ma parlando ad un pubblico più ampio li ce solo una componete di design, ma non è al centro .
In mostra, uno dei video del 1990, mostra la prima versione di Photoshop ed è totalmente irriconoscibile, oppure ce’ la caduta di Napster. Capire che non devi andare troppo avanti devi spiegare e fare qualcosa cose che vadano bene gente non ad una ristretta cerchia.