Vi abbiamo già parlato di Thingk, la startup incubata da Polihub e vincitrice dello Switch2Product nel 2013, protagonista con la sua prima linea di prodotti: la linea GK. Si tratta di una bilancia da cucina GKILO e l’orologio CLOGK, un design essenziale, minimalista che nasconde anche un’anima tecnologica e interattiva.
Design e tecnologia un progetto interessante di cui abbiamo voluto scoprire di più.
Innanzi conoscere i protagonisti di Thingk. Cinque professionisti con competenze diverse: Domenico Cosentino, Andrea Gallivanoni, Stefano Marangoni, Umberto Tolino e Giuseppe Valenti. Designer, ingegneri elettronici e ingegneri informatici. Le diverse conoscenze hanno consentito a Thingk di unire tecnologie innovative, funzionalità essenziali e design contemporaneo per portare sul mercato oggetti innovativi, funzionale e attraenti. Li abbiamo incontrati per conoscere meglio il progetto…
Come nasce il progetto THINGK
THINGK, nasce dall’incontro tra Design e nuove Tecnologie Digitali per entrare nel mercato dell’Internet of Things. Il nome stesso della Startup, è composto dalla crasi tra i termini inglesi: oggetto e pensare/ideare, cercando di sottolineare il carattere “smart” della gamma di prodotti proposta. L’incontro di quattro professionisiti nell’ambito del design, dell’informatica e dell’elettronica ha permesso di sperimentare questo approccio contemporaneo e multisciplinare alla produzione di nuovi prodotti.
Dopo una prima autoproduzione per Adidas Originals, è arrivato il successo internazionale attraverso una campagna di Crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo che ha portato alla fondazione della Startup, ora Spin-off del Politecnico di Milano.
I due progetti GKILO e CLOGK uniscono le forme essenziali alla tecnologia, come nascono singolarmente questi due progetti. Avete pensato prima alla forma o alla funzione?
Alla base della nostra filosofia di prodotto sussiste una grande attenzione verso le Natural User Interface, l’uso di materiali ricercati e la progettazione di nuove soluzioni tecnologiche rivolte a pubblici evoluti.
La creazione di ogni nuovo progetto nasce da un’indagine preliminare sui bisogni dell’utente, concentrandoci principalmente sullo studio della User Experience. Il Design minimale e la tecnologia nascosta ne sono una naturale conseguenza sia per Gkilo che per Clock.
Cosa significa progettare oggetti di uso quotidiano con un’anima tecnologica, quali obiettivi immaginate per il futuro ?
Il Mercato dell’Internet of Things oggi è una prospettiva per molte aziende, il nostro obiettivo è quello di entrare a far parte di quel settore con oggetti per la casa intelligenti, semplici da usare e dal design sosfisticato. In questa prospettiva la nostra volontà è quella di poter realizzare collezioni di prodotti in grado di dialogare tra loro arricchendo le funzioni reciproche.
Qual’è il valore aggiunto di un oggetto di design tecnologico. Ciò che vi ha spinto a far nascere il progetto?
La tecnologia informatica e i tema dei big data sono ambiti dalle grandi potenzialità per molti settori industriali. L’aggiunta di queste discipline al Design di prodotto, ne amplifica i valori e le funzioni potendo creare community di utenti e condivisione di bisogni che vanno verso l’idea di User Centered Design che sempre di più fa parte del modo di progettare contemporaneo.
Cosa significa sposare l’open hardware con la creazione di prodotti di design ? come vedete questa fusione ?
L’open hardware serve soprattutto nelle fasi iniziali di prototipazione, in cui ti dà il vantaggio di avere a disposizione infinite soluzioni hardware e software da prendere e riutilizzare per il tuo scopo. Finita questa fase prototipale, però, è necessario un lungo lavoro di rifinitura del prodotto, che tenga conto della Qualità e affidabilità del prodotto, oltre che della resa estetica, e in questa fase l’open hardware non può più essere usato come piattaforma di riferimento, proprio perchè per sua stessa natura si tratta di un magma in continua evoluzione e rimescolamento, che non è interessato a diventare roccia. Dunque, l’open hardware è una importante novità per la creazione di prodotti di design, perchè riduce drasticamente il time to market e riduce i costi di prototipazione, ma non bisogna illudersi: non può essere l’unico strumento da utilizzare per arrivare ad un prodotto finito.
THINGK è stato promosso su Indiegogo riscuotendo un ottimo successo . Anche il fenomeno del crowfounding ha portato a suo modo la tecnologia nel mondo del design (e nel fare design), soprattutto quando si tratta del fenomeno dell’ Autoproduzione. Come è stata questa esperienza e se la consigliereste ad altri giovani designer per lanciare le loro idee?
La campagna di Crowdfunding è stata di certo un’esperienza positiva anche se intensa e impegnativa. Ha prodotto un primo finanziamento e molta comunicazione internazionale che ci ha permesso di trovare il coraggio di proseguire con la nostra visione imprenditoriale. Ma l’aspetto che cerchiamo di promuovere maggiormente riguarda la co-progettazione che ne è derivata. Il continuo contatto con i nostri sostenitori ha permesso di far emergere i limiti dell’autoproduzione tanto che il prodotto che oggi e pronto alla produzione industriale è cambiato notevolmente grazie ai commenti di molti dei nostri utenti.
Alle altre realtà che ci chiedono consigli sul Crowdfunding diciamo di giungere a quella fase solo dopo aver definito in maniera completa e approfondita le caratteristiche del prodotto e valutato nel dettaglio i costi di produzione finale.
I prossimi progetti e sviluppi del progetto THINGK, e dove li troveremo qualora volessimo acquistarli ?
Alla base del business model di THINGK c’è la progettazione, la produzione e la vendita di prodotto. I canali con cui cercheremo di entrare nei mercati internazionali sono certamente legati all’e-commerce ma anche al retail tradizionale. La selezione di piattaforme digitali e distributori comerciali sarà fondamentale per orientare la visibilità dei nostri prodotti, collocandoli nei migliori concept store di design e tecnologia.