E’ in corso alla Triennale di Milano fino al 19 Marzo la mostra Italian Beauty, la retrospettiva dedicata ai 60 anni di carriera di Mario Bellini . Una percorso professionale, costellato di successi il suo, con ben otto compassi d’oro, una importante Medaglia d’oro dal Presidente della Repubblica nel 2004 per la diffusione del design e dell’architettura nel mondo e un Ambrogino d’oro nel 2011. Accanto a questo la firma su tanti oggetti e arredi che oggi sono icone di stile. Non solo design, ma anche opere architettoniche (Centri Congressi, Fiere, Musei) distribuiti in varie parti del mondo.
L’evento della Triennale si svolge esattamente a 30 di distanza dalla mostra che nel 1987, gli dedicò il MOMA di New York. All’epoca aveva già nella collezione permanente nel museo della Grande Mela, ben 25 oggetti .
Ma nella carriera di Mario Bellini non c’è solo il design, il suo è un viaggio in trasversale nel mondo del progetto: dall’oggetto di design, alla scala architettonica fino a quella urbana (la dimensione architettonica e quella urbana sono state al centro del suo lavoro sopratutto in questi ultimi 25 anni di attività).
Passando da una scala all’altra Mario Bellini, ha attraversato il mondo del progetto in tutti i suoi aspetti, affascinato e curioso tanto quanto un giovane designer. Come ci dimostra raccontandoci uno dei progetti più recenti di design, il tavolo Kono di Riva1920 presentato al Salone del mobile 2016.
E qui che lo abbiamo incontrato e parlato con lui di alcuni fatti importanti della sua lunga carriera e del suo fare design…
Com’è lavorare con un’azienda che ha nel DNA il il legno?
“E bè, è il massimo! In qualunque campo, devi lavorare con qualcuno che porti qualche cosa… Se il committente resta lì ad aspettare che tu gli dia qualcosa, non si accende la scintilla…”
Loro di Riva1920 sono un pò come una enciclopedia del legno..
“Lo so, lavorare con loro è un po come fare una gara con le automobili, ma è come avere una Ferrari o una Mercedes. Tu devi avere intorno a te tutte le condizioni e gli strumenti che esaltano al massimo tutto quello che puoi dare, perchè danno anche loro.
Non è come se ti trovi con un produttore passivo, che dice:” mi porti il disegno”,poi fai qualunque cosa e lui non apre la bocca…”
Mario Bellini è per formazione architetto , si è laureato al politecnico nel 1939 il suo fare design passa anche attraverso la formazione…
“Io non so cosa è “il designer”. Per fortuna in Italia la nostra cultura è quella dell’architetto. Io ho fatto l’architetto per passione, perché esaminando i diversi tipi di università ho visto che era quella che combinava meglio con l’arte e tecnologia, con l’immaginazione, con la letteratura. Fare era architettura. Poi naturalmente non c’è da illudersi che se tu hai fatto architettura, tu diventi architetto. Allora non esistevano le scuole di design e secondo me potrebbero anche continuare a non esistere.”
Fare architettura ma sopratutto fare il designer è un pò cambiato oggi ma come ci racconta Bellini:
“C’è una percentuale di persone che hanno un talento, per fare il poeta lo scrittore l’industriale per fare il commerciale … In particolare in Italia c’è una cultura interessante che è quella che affida all’architetto ancora oggi come si faceva a inizio 900 in tutta europa e nel mondo, lo scenario integrale dell’abitare.”
Riferendosi quindi alla lezione dei maestri del passato ci dice:
“Ci si immaginava che Le Corbusier, Wright o Alvar Aalto disegnassero pezzetti di città, edifici, interni, musei, arredi, oggetti, vasi e questo è andato avanti in Italia anche nel dopoguerra, noi abbiamo continuato così. Mentre nel mondo anglosassone e in quello tedesco si tende a specializzare le competenze: con l’arredatore, l’urbanista, il disegnatore di auto, il disegnatore macchinari. Noi per esempio non ci siamo mai sognati di fare una cosa così.”
Immancabile il riferimento ad uno dei sui progetti cult il Kar-a-sutra:
“Per esempio quando il museo di arte moderna di New York ha deciso di fare la mostra Italy: the New Domestic Landscape ha affidato al curatore l’incarico di venire in Italia ed ha invitato 6 architetti designer . A me hanno chiesto: “ te che vuoi fare avrai, uno spazio speciale”. Allora a me è venuto in mente che avrei potuto fare uno spazio mobile che è stato il kar- a-sutra.
Quindi io mi sono immaginato di avere una specie di veicolo con le ruote che fosse capace di mettere al centro l’esperienza dell’uomo nel viaggiare. Non fare cucine,bagno, quello si fa altrove in hotel, alberghi, osterie. Così è nato kar-a-sustra che per gli storici è considerato oggi l’invenzione del monovolume. Io non ero design di automobile, a me è sempre piaciuto usare la testa per inventare le cose facendo degli slalom trasversali nelle discipline.”
Come dicevamo il percorso professionale di Mario Bellini lo ha visto attivo su tanti fronti (dal direttore del design alla Rinascente, al designer per Olivetti, al direttore di Domus) come ci racconta:
“Ho fatto il direttore di rivista , scrivo, ed ho fatto anche un libro di fotografie, raccolte quando sono andato negli Stati Uniti per il kar-a-sutra dalla Costa Atlantica a quella del Pacifico, durante un viaggio di un mese, ho messo insieme gli scatti.”
Infine gli chiediamo lei è considerato uno designer molto più amato all’estero che in patria, perché?
“Perchè io non faccio il piacione o perché avendo avuto molto successo da giovane sono risultato fastidioso. Non partecipo ai gruppetti mi baso sulle mie energie, sui miei interessi. Sono uno che legge, ascolta musica…”