E’ nello studio milanese di CTRLZAK, lo studio fondato da Katia Meneghini e Thanos Zakopoulos che qualche tempo fa abbiamo avuto il piacere di essere ospitati e di trascorrere con loro una piacevole mattinata parlando “a tutto tondo” di design.
In mezzo ai loro progetti, prototipi, disegni e schizzi Katia e Thanos ci hanno accolti e si sono raccontati ad Arredativo:
“Ci siamo conosciuti tempo fa a Venezia, entrambi abbiamo studiato allo IUAV arti visive dello spettacolo. Ci siamo conosciuti in camera oscura, come ci piace raccontare, perché entrambi abbiamo seguito un corso con il fotografo Guido Guidi. Dopo quel periodo abbiamo avuto percorsi molto diversi in ambito più artistico” ci dice Katia.
“Io, prosegue il racconto Katia, ho sempre lavorato più sui processi, sull’arte relazionale, mentre Thanos faceva un lavoro più legato all’immagine. Quindi avevamo due approcci molto diversi, solo che a un certo punto abbiamo iniziato a fare dei piccoli progetti insieme. Abbiamo partecipato ad un concorso, ci hanno selezionato ed abbiamo vinto. Così abbiamo cominciato a pensare che funzionavano anche insieme.”
“La nostra prima esperienza di progetto insieme è stata a Saint-Étienne, tre mesi. Qui siamo stati invitati a seguire con l’università un corso e poi a preparare un progetto personale per la biennale di Saint-Étienne. Dopo questa esperienza abbiamo capito che si poteva lavorare insieme e che c’era un intesa.”
“Dopo questa esperienza è nata l’idea di mettere in piedi lo studio, spinti dalla volontà di fare quello che ci piaceva fare, seguire il nostro approccio, che non veniva dal design ma era più vicino al mondo dell’arte, l’ambito da cui noi arriviamo.”
Prosegue Katia “Milano l’abbiamo scelta come base, per gli stimoli che dava e per la posizione stessa, per consentirci di muoversi. Abbiamo sempre lavorato con gallerie diverse in giro per il mondo, era importante per noi spostarsi facilmente. Abbiamo scelto Milano senza in realtà conoscere o avere legami con la città stessa.”
Nel 2009 decidemmo di andare a fare il Salone Satellite con una collezione Remeditate. Una serie di arredi che strizzava l’occhio al mondo ospedaliero. Tra il serio e l’ironico abbiamo rimesso in scena tutta una serie di pezzi che richiamavano situazioni diverse.
Abbiamo sempre seguito la nostra strada senza farci troppi problemi su quello che le aziende chiedevano e che allora non avevamo ancora mai incontrato, Seguivamo i nostri istinti, le ricerche che ci interessavano e quello che volevamo raccontare, gli argomenti che volevamo approfondire e da li davamo vita a questi progetti.” aggiunge Thanos.
Voi lavorate in due, nel vostro caso, come funziona il vostro processo creativo?
“Noi siamo anche una coppia quindi c’è uno scambio continuo. Non lavoriamo con un approccio progettuale legato al design il nostro approccio ha come filtro critico l’arte “ risponde Thanos. “Prima della forma diciamo “ Form Follows Meaning” . Ci interessa molto di più le domande che possono far nascere dei progetti, ci interessa poter raccontare qualcosa attraverso il progetto (che non sempre deve essere oggetto) Quindi prima della forma ci sono altre cose da cui partire. Ne è un esempio Hybrid.”
A proposito di questo progetto, raccontateci come è nata la collezione poi prodotta da Seletti?
“In quel caso siamo partiti dalla storia della ceramica, il progetto stesso si è evoluto nel tempo della ricerca e così ha preso forma . La forma si è capita andando alla base della storia della ceramica. La Cina e l’Europa, era un circolo che ritornava, e così è nato il piatto con le parti che si uniscono. Questa era l’immagine migliore per rappresentare la storia della ceramica. Quindi, prosegue Thanos, è con il dialogo e con il grande lavoro di ricerca, alla base di tutto, che poi nascono i concetti, da qui poi studiamo quello che abbiamo davanti e non ci limitiamo alla forma. All’inizio la collezione Hybrid erano delle porcellane che abbiamo messo insieme ed era una collezione d’arte di 24 pezzi unici.”
Parlando di questo la domanda che ci poniamo è: come succede che un pezzo d’arte diventa oggetto di design?
Questa è la domanda successiva che abbiamo fatto ai CTRLZAK, in un periodo in cui la relazione design- arte sembra essere sempre più d’attualità.
Volete sapere cosa ci hanno risposto…l’intervista prosegue nella seconda parte.