E’ uno dei nomi più noti nel panorama del design contemporaneo, Piero Lissoni titolare dello studio Lissoni Associati fondato nel 1986 con Nicoletta Canesi che da anni vanta importanti e stabili collaborazioni con alcuni dei brand più importanti del design internazionale tra cui: Alessi, Boffi, Cappellini, Cassina, Fritz Hansen, Glas Italia, Kartell, Knoll International, Poltrona Frau.
Tra le aziende con cui Piero Lissoni ha un rapporto duraturo di collaborazione c’è anche Porro. Un continuo dialogo tra azienda e designer iniziato nel 1987 come designer e poi proseguito come art director. E’ qui nello showroom dell’azienda brianzola, in via Durini 15 che Arredativo lo ha incontrato lo scorso aprile. Occasione interessante per farsi raccontare il suo lavoro di designer e di interior designer, essendo lui stesso il progettista degli allestimenti nella location milanese insieme a Elisa Ossino che ne ha curato lo stylist.
- Quest’anno ha disegnato l’allestimento per Porro, come cambia il modo di progettare cambiando la scala ?
Direi che è un modello integrato quasi rinascimentale. Quasi tutti noi designer siamo architetti e per esser designer la capacità di dimensionare scala è fondamentale, gli oggetti sono quelli che vanno dentro. Unico elemento che lega lo spazio e gli oggetti sono le proporzioni e gli esseri umani.
- Si dice che negli anni il concetto di casa sia molto cambiato. E’ d’accordo con questo pensiero?
Non cambia tanto ma cambia in maniera molto lenta, noi continuiamo a pensare che i nostri cambi di vita siano grandi salti come le lepri. Noi non saltiamo 70 anni, ogni movimento è un piccolo cambiamento. Quello che accadeva 5 anni fa è più o meno quello che accade adesso ma non che accadeva 50 anni fa. Noi viviamo un modello evolutivo un po’ “darwiniano”, è chiaro che se ci guardiamo indietro di 100 anni… Riportiamo tutto in un contesto temporale più corretto, i libri stanno puntando a supporto elettronico tra un po dovremmo ragionare in altro modo.
- Il suo legame con Porro va avanti da anni, come avete iniziato e come si è evoluto questo rapporto ?
Io ho cominciato con loro tanti anni fa, quando ero un giovanissimo architetto. L’evoluzione è stata parallela in realtà, io non sono altro che la faccia pubblica di un’azienda. Voi mi intervistate ma in realtà non sono solo io, ci sono il proprietario dell’azienda, i tecnici, l’ ingegnere, i prototipisti e chi fa “cose “con le mani e tutto questo continua ad essere così da 30 anni. E’ un dialogo aperto, io non disegno niente solo perchè la mattina mi va, ma perchè sono parte di un sistema che mi provoca delle domande e a cui dò delle risposte oppure a volte le faccio io le domande, e le risposte le danno loro a me. Poi voi intervistate me, ma io sono il terminale ultimo.
- Se dovesse guardarsi indietro come si immaginava il mestiere del designer e come è diverso da quell’ideale?
Io sono uscito dalla Facoltà di architettura e avevo un’idea spaventosa del nostro lavoro ed ho usato l’arma del design per essere libero. Il design non concede compromessi o sei capace o non sei capace. Ciò che posso dire ai nuovi interpreti di questo mestiere, è che devi capire che è un lavoro molto duro di continuità, di grande disciplina, che ti obbliga allo studio giornaliero e ti obbliga all’evoluzione quotidianamente. E’un lavoro che ti obbliga anche ad avere dei dubbi, il giorno che ti capita di avere una certezza meglio se cambi mestiere, così come la mattina che ti svegli senza la curiosità . E poi si, devi avere anche un sacco di fortuna, tantissima.