Fino al 5 novembre 2017, Palazzo Pretorio ospita la mostra “Bruno Munari: aria | terra”, curata da Guido Bartorelli, che cura anche il relativo saggio/catalogo edito da Corraini (Mantova). L’esposizione è promossa dalla Fondazione Palazzo Pretorio Onlus, in collaborazione con il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova e l’Associazione Bruno Munari.
L’arte di Bruno Munari (Milano, 1907-1998) appare come un eccezionale complesso di pittura, scultura, sperimentazioni nelle tecniche più varie e innovative; e ancora grafica, design, editoria, fino a giungere a quella dedizione verso i laboratori per bambini in cui va riconosciuto un precoce superamento dell’opera d’arte chiusa a favore della fluente processualità del fare. Alla produzione pratica si aggiunge, inoltre, una produzione teorica altrettanto ricca e di rara lucidità.
In tutto ciò Munari ha saputo riflettere, fino a trarre conseguenze che suonano tutt’oggi radicali, sulle nuove responsabilità che l’avvento della società di massa affida agli artisti. Questi devono lasciarsi alle spalle le ambizioni individualistiche per mettere il proprio talento al servizio della collettività. L’utilizzo di metodologie oggettive e trasmissibili ha come obiettivo ultimo quello di porre chiunque nella condizione di comprendere i processi creativi e avvalersene in prima persona. Al proposito sono quanto mai attuali alcuni interrogativi posti da Munari quasi cinquant’anni fa: «L’arte, che un tempo era privilegio di pochi uomini sta diventando una espressione possibile a ciascuno di noi? Si sta riducendo positivamente la distanza tra l’artista e l’uomo normale?» (Artista e designer, 1971).
Palazzo Pretorio offre al pubblico un percorso originale sull’opera di Bruno Munari, che consente sia di apprezzarne i caratteri peculiari al cospetto dei capolavori, sia di fruire la mostra come occasione per apprendere attraverso il fare, secondo le intenzioni dichiarate dallo stesso artista. Munari si è sempre preoccupato che il suo lavoro fosse di stimolo al fare, in modo che il fruitore, opportunamente guidato, potesse penetrare le regole tecniche e creative, acquisendo nuove competenze di presupposto alla conquista della capacità di reinventare. Musei e mostre dovrebbero pertanto prevedere «dimostrazioni visive di tecniche d’arte» (Da cosa nasce cosa, 1981), ossia esemplificazioni di attività che consentano ai visitatori di testare nel concreto i procedimenti da cui sono scaturite le opere esposte.
È proprio quel che accade a Palazzo Pretorio, che alle stanze “contemplative” alterna stanze in cui ai visitatori è offerta l’opportunità di sperimentare varie attività. In una mostra su Munari le stanze del fare non vanno intese come un’appendice didattica ma bensì come parte integrante dell’opera, in quanto le attività sono opere vere e proprie progettate dall’artista. Munari mette in questione l’opera d’arte chiusa (unica, irripetibile, intangibile…) e sperimenta invece, con straordinario anticipo, quell’opera come processo che tanta parte avrà nelle tendenze successive. Processo, fluidità, relazione, interattività, sinergia con il fruitore sono i concetti chiave che la mostra a Palazzo Pretorio focalizza in quanto fondanti l’arte di Munari.
“Bruno Munari: aria | terra”, intende così apportare un contributo significativo all’acquisizione storico-critica dell’eredità munariana, riconoscendola come manifestazione apripista di valori e obiettivi che animano tuttora la ricerca intorno alla ridefinizione del concetto di arte.
Nel dettaglio la mostra a Palazzo Pretorio individua nella ricerca di Bruno Munari una grande polarità: aria | terra
La mostra è anche l’occasione per imprimere un nuovo impulso agli studi sull’artista, che porteranno nel giugno 2017 alla pubblicazione di un ampio saggio/catalogo edito da Corraini, che documenterà l’allestimento e le attività che si saranno svolte a Palazzo Pretorio, con il supporto storico-critico di approfondimenti che indagheranno l’opera di Munari dai punti di vista dell’arte, ma anche seguendone i versanti meno indagati, quale le sperimentazioni per il cinema, il teatro, la moda, la fotografia.
Il comitato scientifico della mostra e del catalogo è composto da docenti e collaboratori del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova: Elisa Baldini, Guido Bartorelli, Giovanni Bianchi, Alberto Cibin, Alessandro Faccioli, Stefano Franzo, Cristina Grazioli, Mariana Méndez Gallardo, Alberto Munari, Silvana Sperati, Federica Stevanin, Giuseppe Virelli.