Selezionato già da moltissime riviste di settore tra i Best 2016 era impossibile che passasse inosservato e in effetti non poteva non entrare a far parte anche della nostra selezione Must Have 2017. Stiamo parlando della collezione Credenza firmata da Patricia Urquiola e Federico Pepe vista a Spazio Pontaccio durante i giorni della Design Week milanese.
Il progetto firmato a due mani è l’unione di due approcci al design ed il risultato è strabiliante. Si perché questa collezione colpisce per: tecnica, poeticità, colori e allo stesso tempo, semplicità.
Spazio Pontaccio ha presentato l’evento espositivo “Credenza”, conciliando l’ortodossia del design contemporaneo di Patricia Urquiola e l’eresia della comunicazione che si fonde con l’arte di Federico Pepe, il fondatore di Le Dictateur. La fase creativa ha dunque preso subito il via. Patricia e Federico – che nel passato recente hanno condiviso progetti importanti come un libro ed una mostra – hanno cominciato a scambiarsi idee, disegni, testi, sperimentazioni e suggestioni.
Tutto ha avuto inizio da una fantasia di Alberto Pellini, fondatore di Spazio Pontaccio. L’idea era quella di fare qualcosa ispirato alle vetrate delle chiese, così parlandone con Federeico Pepe e poi coinvolgendo Patricia Urquiola si è arrivati a questa strepitosa collezione per la cui realizzazione ci si è ispirati alla tecnica del vetro piombo.
“Credenza” è una collezione di piccoli arredi perfetti che possono stare vicino al muro, ma potrebbero anche stare al centro di una stanza. Arredi fatti per contenere ma allo stesso tempo capaci entrare in relazione con lo spazio tanto che oltre che a parete possono stare anche al centro della stanza.
Il design è tecnico e il materiale molto tradizionale, ma sono utilizzati in modo che l’oggetto abbia una sua indipendenza. E ci sono anche paraventi, tavoli bassi e tappeti a completare questa collezione, omogenea nel suo essere fuori dagli schemi.
“Ho mandato a Patricia tutto quello che avevo già a disposizione – racconta Federico Pepe – per permetterle di iniziare a fare delle prove. Non sapendo come fosse abituata a lavorare mi sono messo nei suoi panni, così le ho mandato un fiume di materiale, pensando che avrebbe potuto pescare qualcosa di utile per cominciare a lavorare.
Inizialmente avevo pensato di recuperare il concetto di figura della vetrata classica, ma riproducendo criminali e miscredenti. Risulta chiaro che questo avrebbe avuto un impatto difficile da gestire e la mia sensazione era che questo approccio avrebbe reso irripetibile quel pezzo che nasce invece con un obiettivo commerciale. Con la grafica astratta, sicuramente i pezzi sono belli, sono netti”.
“Abbiamo parlato degli armadi – continua Patricia – ma poi ho pensato che ci saremmo dovuti concentrare su mobili più piccoli, un po’ più gentili ma comunque dotati di una loro presenza, magari una piccola credenza. Ad un certo punto è uscita la parola “credenza” e da lì abbiamo cominciato a divertirci, perché la credenza in sé è un oggetto contenuto, un po’ prezioso.”
Abbiamo identificato questo oggetto che nel mondo dell’arredamento ha un nome, la credenza, e abbiamo subito trovato un collegamento con la nostra volontà di “credere” nelle tecniche abbandonate, in un mondo lontano e nelle proprie ambizioni.
Nell’interagire di Federico e mio c’è stato da subito molto rispetto e divertimento, così come ci accomuna la stessa passione per il grande vetro di Duchamp con la sua “Broyeuse de chocolat”, macchina a tre grossi cilindri o tamburi.
La vetrata è policroma e legata al concetto della luce. Il fatto di trasferirla ad un piccolo oggetto che abita in casa, invece che pensarlo per un oggetto che viene attraversato dalla luce naturale – che sarebbe stata la cosa più logica da fare – è un atto coraggioso.
Volevamo lavorarlo come se avesse una luce interna, come se fosse un piccolo animaletto. Ci divertiva l’idea di dargli una specie di luce interiore. Credenza è un piccolo manifesto di ciò in cui si crede. Questa fede e questa volontà, il voler credere e fare questo progetto, io li ho presi con una certa ironia. Ho voluto conservare vari punti di vista, per mischiare le cose”.
La collezione di mobili Credenza – prodotta in Italia da artigiani esperti nella lavorazione del vetro piombo e forti di un’esperienza centenaria al servizio della Chiesa – arricchisce la collezione eponima con cui Spazio Pontaccio si è presentato nella nuova veste di editore lo scorso anno.
Oltre credenza, mobile contenitore e paravento.fanno parte della collezione i tappeti ispirati alle geometrie degli arredi firmati da Patricia Urquiola per cctapis.