L’ essenziale poesia di “Una stanza”: il progetto di Antonio Aricò per Editamateria in Ventura Centrale

Pubblicato il Di in Approfondimenti

La settimana del design milanese 2018 si è conclusa domenica 22 Aprile. Tra gli eventi più attesi, che non hanno disatteso le aspettative, anche quest’anno c’è stato il progetto Ventura Centrale.  Installazioni spettacolari e suggestive, hanno animato i magazzini di via Ferrante Aporti e si sono distinte dalla moltitudine di eventi, che si sono susseguiti in città durante la Milano Design Week. Tanto è vero che ben due progetti sono stati premiati con il  Milan Design Award, riconoscimento che viene dato alle migliori installazioni del Fuori Salone. A ricevere il premio, sono stati The Diner” di David Rockwell + Surface con 2×4  e “Giants con Dwarf” di Stephan Hürlemann per horgenglarus, entrambi proposte negli spazi degli ex magazzini Raccordati.

 

Tra le installazioni  proposte da Ventura Centrale per questo Fuori Salone c’è anche il progetto Una stanza di Editamateria con Antonio Aricò che si è distinto per eleganza, poesia e discrezione.   Un’installazione che utilizzava al meglio la dimensione intimista offerta da questi locali dismessi, con la luce soffusa e una acustica del tutto particolare. Antonio Aricò ha disegnato l’intera collezione  pensata per vivere della la stanza e ci ha raccontato nel dettaglio il  suo progetto, ecco cosa ci ha detto.

 

 

Partiamo dalla location e come è nato questo progetto in relazione a questo spazio?

La storia della location è una storia molto bella, io  ho fatto la mia prima mostra a Ventura Lambrate nel 2012, già allora il tema era quello dell’artigianato. Presentai una collezione  fatta con mio nonno, che è falegname e in quella occasione conobbi Margriet e Fulvia. Quando in seguito sono venuto a vivere a Milano, un’associazione che si occupa di  recupero di luoghi abbandonati mi contattò, chiedendomi di fare qualcosa in questi tunnel, si parla di circa 5 anni fa…

Io gli dissi che come designer non mi occupavo di questo e li dissi “vi metto in contatto con i più bravi”. Così  li misi in contatto con  Margriet Vollenberg, e poi lo scorso anno hanno iniziato con Ventura Centrale, così ho pensato, mi piacerebbe !  Coincidenza lo scorso anno, mi chiama Silvia Ariemma di Editamateria, dicendomi di voler fare una cosa importante per il Salone del Mobile.

In quel momento stavo facendo progetti molto commerciali e avevo voglia di affrontare tematiche come l’idea della povertà, dell’essenzialità, lavorare con l’essenza  del legno… Era un aspetto che mi mancava, perchè negli ultimi tempi ho lavorato in Bialetti, come direttore artistico del centro stile, ed ho fatto progetti in silicone e acrilico, quindi avevo proprio voglia di queste tematiche.

Così è nata l’idea di lavorare su questi tunnel. Abbiamo cominciato a pensare ad uno spazio che rappresentasse un ambiente living, ma non  quello da rivista, ma un ambiente che li racchiudesse tutti. E’ un pò come casa mia, ma questa è la versione matura: austera, elegante, sobria,  essenziale. La sua semplicità è proprio nelle parole: una stanza con un fratino, uno scrittoio, una seggiolina, una sedia povera, una credenza e una branda. Tutti i pezzi sono l’essenziale che ti porti quando un ambiente lo vuoi fare tuo.

Abbiamo inserito anche un dipinto di Daniele Galliano, che rappresenta l’appartenenza e l’origine e si chiama “Mamà”, è stato fatto riprendendo le foto di mia nonna, con questa figura materna di signora seduta su una sedia.

Cosa rappresentato per te questo lavoro?

Questa collaborazione  per me è importantissima e vuole raccontare quello che per me ha rappresentato il punto d’incontro del nostro lavoro. Ovvero, parlare di oggetti semplici per tutti, dell’essenzialità e vestirli come fosse una collezione di moda.  Perché noi viviamo nell’industria del lifestyle e come nella moda è nata l’idea di una collezione. Tutto a livello di concept, è stato disegnato insieme in mezza giornata, questo proprio per dire che in una collezione non guardi il dettaglio del prodotto, ma l’insieme. Noterete infatti, un certo “family feeling”. Alcuni oggetti  lavorano con questo mix e match di essenze di legno, altri presentano innesti matrici di ottone o bronzo. La caratteristica che colpisce è l’utilizzo di essenze, di legni preziosissimi e poco conosciuti. Si riconosce l’amaranto che è un essenza per sua natura color amaranto e il legno di rose, usato per la sedia povera con un inserto in rame .  Poi c’è lo ziricote che è un legno africano, il rovere fossile che è un legno trattato particolare che diventa grigio antracite. E’ un lavoro che vuol essere puro, semplice ma allo stesso tempo molto sofisticato.

 

Vediamo che la stanza presenta  delle aperture, ci sono degli scorci…

Queste aperture e anche gli allestimenti non sono stati disegnati da me, ma è stato realizzato in base a  degli input e vuole creare un “vedo non vedo” all’interno di questa stanza. In pratica muovendosi intorno, si iniziano a vedere sempre meglio i pezzi.

 

Questo concetto dell’essenzialità nel 2018,  vuole essere una critica ad una società che in genere ha tanti oggetti in casa?

Io vivo in monolocale, ho tutti mobili in legno massello, io amo queste cose qui. Per me è il paradosso perchè io sono il primo ad odiare il consumismo, l’omologazione però poi  lavoro in un ambiente in cui la fanno da padrone queste cose. Questa collezione e vuole dare un messaggio forte, però senza scadere nello sciatto, nel povero, nel naïf.

 

 

 

Partendo dal primo progetto quello fatto con tuo nonno, il tuo è quasi un “design familiare”,  quanto è importante per te lavorare in famiglia o comunque con  artigiani che conosci benissimo? 

Per me tutti gli artigiani con cui lavoro diventano famiglia, è una cosa unica che si instaura.

 

Se ripensi a te ai tempi dell’università ti guardi  immaginavi così il mestiere del designer  o  hai scoperto cose nuove ?

No, all’università mi hanno insegnato tutt’altro. Questo è quello che sapevo già fare,  che avevo dentro e che ho avuto il coraggio di ammettere seguendo l’istinto .