Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare sempre più spesso di design indipendente. In alcuni casi la “auto-produzione” in piccola serie è stata il trampolino di lancio per alcuni nomi oggi protagonisti del design contemporaneo.
Va da sé che la prototipazione e l’autoproduzione sono in alcuni casi, una pratica assodata nel lavoro dei designer. Ma complici anche vari fattori economici e sociali, il design indipendente, negli ultimi anni è diventato davvero un fenomeno culturale, con molteplici manifestazioni ed eventi interamente dedicati
Tra le nuove realtà che si muovano in questo settore abbiamo conosciuto di recente Hiro.design, una bella e interessante iniziativa di cui vogliamo parlarvi.
Hiro è una azienda italiana che produce i designer indipendenti e li aiuta anche a vendere i loro prodotti. Si definisce la “fabbrica aperta” perché qui il designer può usufruire non solo dei macchinari industriali, ma anche dell’esperienza dell’artigiano, per realizzare i propri progetti e metterli in vendita direttamente sul web.
Abbiamo scambiato qualche domanda con Manuele Perlati, fondatore e amministratore di Hiro per conoscerli meglio e farci raccontare, con le loro parole, questo progetto di cui siamo certi, sentiremo molto parlare.
Raccontateci di voi, chi siete e come nasce l’idea del progetto Hiro design?
L’idea di Hiro è nata direttamente in “officina”, come mi piace dire. Lavoro nell’azienda di famiglia, che produce arredi su misura per negozi.
Quello che si fa oggi in un’azienda come la nostra si può chiamare “artigianalità industrializzata”. Ci sono macchine a controllo numerico e taglio laser, ma la mano e l’occhio dell’uomo sono ancora importantissimi in molti processi che vengono svolti in modo artigianale.
Negli anni, ho visto creare dai nostri artigiani gli oggetti più svariati e ho capito che avevamo tutta l’esperienza necessaria per costruire oggetti di design per la casa.
Quello che mi mancava era un vero e proprio reparto creativo.
Mentre cercavo di avviare delle collaborazioni con alcuni designer, mi sono reso conto che non volevo essere un brand di design come tanti altri.
Così, ascoltando le esigenze dei designer ho pensato di dar vita a qualcosa di diverso. Volevo produrre “tutti i progetti del mondo”.
Come funziona, cosa devono fare i designer per candidare il loro progetto?
I designer ci inviano il loro progetto in Cad. Noi a quel punto facciamo delle valutazioni, soprattutto tecniche ma in un certo senso anche di “stile”, per preservare un po’ la coerenza della nostra offerta.
Se servono alcune modifiche le anticipiamo al designer, poi gli forniamo un’offerta per produrre un prototipo del suo progetto e una piccola serie limitata.
Ci sono dei limiti per quello che riguarda le dimensioni e i materiali che si possono associare al metallo?
In questa prima fase, come tu ricordi, lavoriamo oggetti in cui la base è il metallo con inserti in legno, vetri, specchi, ecc… I limiti sono dettati più che altro dal tipo di lavorazioni: alcune non sono adatte a micro-produzioni in quanto importanti costi fissi che di solito vengono “spalmati” su grandi quantitativi (parliamo ad esempio di fusioni o stampi).
Ma esiste sempre un modo alternativo di costruire qualcosa!
Per quanto riguarda le dimensioni è un concetto più legato al fatto di essere un e-commerce dove diventa molto più complesso vendere, ad esempio, un armadio.
Il rapporto con l’artigiano è una fase molto importante per il progettista indipendente, come viene gestito la fase post- progettuale che precede la realizzazione del prototipo?
Seguiamo passo passo il designer nello sviluppo del suo progetto, per fare questo abbiamo una figura dedicata che abbiamo chiamato “Designer Care”.
Da quando il designer ci presenta il suo disegno, dialoghiamo con lui per cercare le migliori soluzioni. Ci sono molte cose da tenere in considerazione. Magari gli consigliamo di sostituire un materiale con un altro o di fare piccole modifiche per attuare una lavorazione anziché un’altra, questo anche per limitare i suoi costi e per uscire con un prezzo in linea con il mercato. Definiti alcuni aspetti di questo tipo, l’idea del designer viene riprogettata con una logica produttiva e lì, ancora, ci confrontiamo con il designer. A quel punto, creiamo il prototipo. Quando il designer tocca con mano il frutto del suo lavoro di solito è molto soddisfatto. Se il confronto con la realtà non lo convince, di nuovo ci confrontiamo sul come migliorarlo.
In tre parole i vantaggi del design indipendente?
È unico: se il designer non fa venire alla luce il suo progetto, se noi non lo produciamo, è quasi come non esistesse, non lo trovi da un’altra parte.
È “ricco”: ha una sua storia, conosci il nome del designer che lo ha inventato, è costruito in modo artigianale o semi-artigianale e in piccole serie (e, almeno nel nostro caso, completamente made in Italy)
È innovativo: l’autoproduzione è un tema nuovo nel mondo del design. Invece, si va affermando nel campo della musica e della letteratura, dove ci sono molti casi di successo. Magari sarai proprio tu, come cliente, che permetterai al prossimo grande talento del design di uscire allo scoperto.
In questi anni abbiamo assistito ad una sempre maggiore attenzione nei confronti del fenomeno del design indipendente ( penso anche ai maker e all’autoproduzione di cui si parlava qualche tempo fa) che contributo può dare al design di produzione industriale? quanto è stata fondamentale la “presenza” del web dietro a questo fenomeno?
Il contributo che può dare è, a nostro parere, enorme.
Come detto anche nella risposta precedente, è successo lo stesso nell’editoria e nella musica.
Con l’editoria è stato il crollo dei costi di stampa, grazie al digitale. Questo ha dato l’illusione a tutti di poter diventare scrittori. È così? Assolutamente no!
Ma ha dato tantissime possibilità anche a chi, seppur talentuoso, non veniva considerato da nessuno, perché sconosciuto, perché fuori dalle logiche, a volte incomprensibili, dei grandi gruppi.
E così, mentre qualcuno voleva liquidare l’auto-pubblicazione come un fenomeno da poco, sono usciti, da lì, romanzi di enorme successo (pensate a “50 sfumature di grigio”) e ci sono alcuni autori che hanno venduto milioni di copie che, oggi, preferiscono continuare con l’auto-pubblicazione anche se avrebbero la possibilità di essere pubblicati dalle case editrici. Nella produzione fisica di oggetti di design, non sono assolutamente crollati i costi di produzione (anche se esistono alternative con la stampa 3d, che però non riguardano il tipo di oggetti che trattiamo noi).
Non sono crollati i costi ma sono aumentare le possibilità di incontro e di confronto, soprattutto grazie al web.
Ed ecco perché noi vogliamo riempire quel “vuoto” che incontra un designer quando cerca qualcuno che produca la sua idea: da una parte il grande brand che gli fa notare di essere uno “sconosciuto”, dall’altra il piccolo artigiano che ti fa un favore una volta ma poi…chissà.
Quali obiettivi si pone il vostro progetto e eventuali prossimi futuri appuntamenti?
Il nostro obiettivo è quello di essere la piattaforma on-line di riferimento per gli oggetti di home design indipendente.
Saremo al Fuori Salone con un piccolo spazio in zona Tortona (Via Cerano) dove vorremmo raccontare un po’ quello che sta dietro a un oggetto di design, soprattutto la produzione.