“Questa è la nostra eresia: la struttura dell’architettura si risolve nella facciata, la funzione dell’oggetto trova compimento nel racconto decorativo della superficie, ogni cosa è il disegno o la scultura di sé medesima: progettare è dipingere.”
Così Alessandro Mendini riassumeva nel 1994 la filosofia dell’Atelier Mendini, straordinario workshop permanente che sotto la guida sua e del fratello Francesco ha inaugurato un modo di fare architettura, arte e design al di là dei confini disciplinari. Il Museo Nivola, nel rendere omaggio ad Alessandro Mendini a tre mesi dalla sua scomparsa, presenta il frutto di cinquant’anni di progetti: tutte le architetture pubbliche e private dell’Atelier Mendini, raccontate attraverso 25 straordinari plastici in legno, che riproducono fedelmente altrettanti edifici, accompagnati da una serie di disegni. Nella mostra, realizzata da Abet Laminati, gli edifici più celebri dell’Atelier rivivono in una dimensione miniaturizzata, gulliveriana, di sculture-giocattolo: dal visionario Groninger Museum in Olanda (1989-1994) alla Torre del Paradiso a Hiroshima, in Giappone, fino ai recentissimi progetti per il Sud Corea. L’architettura mendiniana è postmoderna e neo-costruttivista, coloratissima e allegra. Sovverte il rapporto fra struttura e decorazione, proclamando la supremazia della seconda, intesa non come superficialità ma, nelle parole di Mendini, come “culto della superficie, sulla quale si iscrive, decorandola, una ricchezza del racconto visivo che riscatta la stupidità della funzione.” Come afferma il curatore della mostra Aldo Colonetti, i modelli non sono solo strumenti progettuali, ma “opere espressive autonome, sembrano paracadutati improvvisamente nello spazio del museo con la loro forza progettuale inattesa.” Presentati inizialmente alla Triennale di Milano nel 2018, oggi al Museo Nivola dialogano con l’architettura semplice ed essenziale dello spazio espositivo, l’antico lavatoio di Orani. “Ecco, – continua Colonetti – risiede proprio in questa capacità di essere se stessi e, nello stesso tempo, di ascoltare gli interpreti, ovvero noi cittadini del mondo destinati ad abitare le architetture, l’identità progettuale di Francesco e Alessandro; da un lato ridurre la complessità delle forme possibili a una serie di linguaggi compositivi di derivazione galileiana, privilegiando le figure geometriche e le relazioni matematiche, e dall’altro lato, consapevoli, soprattutto Alessandro ma sempre in totale sintonia con Francesco, che il colore non è una variabile soggettiva: è parte costituente e strutturale del mondo”.
L’allestimento di Alessandro Floris punta proprio sul colore – le gamme vivaci e luminose del cromatismo mendiniano – per mettere in relazione le eccezionali creazioni plastiche dell’Atelier con gli ambienti del museo e la luce mediterranea che li pervade. Davanti allo spazio espositivo, nella terrazza panoramica del Museo Nivola, un salotto mendiniano attende i visitatori: le iconiche poltrone Proust, in versione da esterni, formano un angolo di socialità per il riposo e la conversazione. È un omaggio, realizzato in collaborazione con Magis, all’idea di Alessandro Mendini secondo cui “il museo deve essere istituzionale ma non paternalista, deve essere gentile e accogliente come una casa privata”.