Fino al 20 dicembre 2019 la Fondazione Adolfo Pini presenta la mostra Monumenti impermanenti di Stefano Romano, artista che vive e lavora tra l’Albania e l’Italia. A cura di Gabi Scardi, la mostra riunisce nella galleria al piano terra di Corso Garibaldi 2 opere afferenti all’ultimo decennio di attività dell’artista e si compone, in particolare, di due serie fotografiche e diversi video fra cui Zanafilla, di recente realizzazione e mai esposto prima. Tra le sue modalità privilegiate, oltre al video, emerge l’intervento performativo, messo in atto in molti casi nello spazio pubblico e spesso basato sulla tecnica della ripetizione e del re-enactment.
Nel lavoro di Stefano Romano il culturale, il politico e il sociale si intersecano. Tra i suoi temi portanti ci sono quello del tempo, della storia, della memoria, e i concetti di soggetto e di cittadinanza. La sua attenzione si appunta su ciò che è stabile e assertivo: sugli inni ufficiali, di cui smantella la forma sostenuta e austera; sul concetto di famiglia, che riformulato su base empatica, si amplia e si fa accogliente; sul monumento, che da stabile e autorevole per antonomasia, perde rigidità; diventa precario e paradossale, ma nello stesso tempo acquista in umanità.
Formatosi in Italia, ma albanese di adozione, Romano fa spesso riferimento alla situazione attuale del Paese dove oggi vive che, dopo il collasso di un mondo bipolare, ha visto uno sviluppo velocissimo ma disomogeneo e contraddittorio. Un Paese che ancora oggi fatica a elaborare la situazione nata dal cambiamento e a coglierne le possibilità. In questa situazione Romano legge una metafora di una più ampia realtà contemporanea.
In lavori come Quarto Movimento e RAW – parata d’eroi, l’artista parte dalla musica per parlare di confini, convivenza, accoglienza, tragedia e fallimento. Il coinvolgimento delle persone – che diventano attori attivi – è alla base di opere come Study for a monument o Looking for a family. Il tema della storia è sotteso a molti dei suoi lavori e declinato secondo diverse prospettive: vicenda nazionale come in Histoeri removing, con rimandi alla dittatura, o storia universale, come nel caso della trilogia Axis Mundi Trilogy che parla di nascita, crescita e morte in una lingua comune a ogni tempo e luogo.
L’opera ancora inedita Zanafilla rappresenta invece il complesso del Teatro Nazionale e del Teatro Sperimentale di Tirana, in procinto di essere demolito per lasciare spazio a una nuova struttura che a molti suona come un’imposizione, trasposizione di una situazione in cui il vuoto lasciato da uno stato illiberale fatica ancora a essere colmato da un immaginario politico basato sull’idea di emancipazione critica. In tutti questi casi Romano mette in discussione la rigidità di modi e di concetti per lasciare spazio al modo in cui l’arte e gli artisti possono reagire a ciò che li circonda e creare un modo nuovo di vedere le cose.
Dopo aver presentato i cinque progetti site-specific, L’ORA DANNATA di Carlos Amorales, SUMMERISNOTOVER di Šejla Kamerić, Labyrinth di Jimmie Durham, Memory as Resistance di Nasan Tur, Materia prima di Lucia Leuci e The Missing Link di Michele Gabriele, la Fondazione Adolfo Pini prosegue con questa nuova mostra il proprio percorso dedicato all’arte contemporanea, sotto la guida di Adrian Paci.