Design è sperimentare: Arredativo incontra Martino Gamper

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Protagonista al London Design Festival 2019 l’installazione “Disco Carbonara” di Martino Gamper ha consolidato la collaborazione dell’artista e designer con ALPI, azienda leader nella produzione di superfici decorative in legno composto.

Un’installazione site-specific in King’s Cross,  una giocosa porta di accesso temporanea al nuovo polo commerciale Coal Drops Yard, rivestita interamente con materiale ligneo di recupero ALPI.

Credit John Sturrock

Una facciata fittizia caratterizzata da una composizione geometrica fortemente scenografica che svelava l’inconsueto linguaggio espressivo del designer. 

Ma la collaborazioni tra il designer e ALPI era iniziata qualche anno prima, nel 2017 con la mostra Re – Connection, In questa occasione Gamper era stato invitato a dare una sua personale interpretazione al materiale ALPI. In questa mostra, il suo lavoro era messo in connessione con la riedizione della collezione ALPI Sottsass. L’inedito pattern ligneo realizzato da Ettore Sottsass per l’azienda agli inizi degli anni 80’.

E’ da qui che nasce Gamperana Triplex, la serie di rivestimenti lignei lanciata dall’azienda al Fuori Salone 2019. Un progetto di ricerca che ha portato Martino Gamper, grazie alla sua formazione da ebanista, alla realizzazione di un nuovo tipo di legno che non esiste in natura.

La texture geometrica di questa proposta gioca sull’accostamento tra tonalità naturali e accenti cromatici, grazie ad un processo industriale che esalta le potenzialità del legno naturale.

Noi di Arredativo.it abbiamo incontrato Martino Gamper nel 2019, alla presentazione di questa sua prima collezione disegnata per ALPI. Abbiamo parlato del progetto ma anche del suo excursus progettuale.

Come sei stato coinvolto in questo progetto con ALPI ?

Ci siamo conosciuti personalmente con l’azienda con la mostra Re – Connection. Ciò che mi hanno coinvolto da subito è stata questa idea di poter creare il legno. Nel senso che mi ha incuriosito questa idea che un legno non fosse finto, ma fosse un legno reinterpretato, con un’anima nuova. Un legno così è molto più sostenibile, anche rispetto ad altri legni importati e questo oggi è molto importante.


Che cosa ti ha ispirato per il progetto di questo pattern? Com’è stato lavorare  con un nuovo legno?

Sicuramente mi ha colpito il fatto di poter ricomporre gli elementi, cosa che già faccio nel mio lavoro, sia con le sedie che in altri progetti che ho fatto: taglio, incollo è come creare un patchwork. La produzione di questi fogli deriva da un blocco con tante tinte. Per cui immaginavo di sezionare una sorta di tronco in tre colori e ricomporlo. Per cui il risultato è sempre lo stesso pattern, però cambia  la posizione. Lavorando mi chiedevo chissà che essenza avrà questo legno, questo progetto mi ha ispirato molto.


Uno dei tuoi primi progetti è stata la collezione 100 Chairs in 100 Days. Perché proprio  la sedia ?

Indubbiamente la sedia è il prodotto più vicino al corpo umano, con un design definito. Ma ho scelto la sedia sopratutto perché il progetto era basato su sedie di recupero trovate per strada. E’ da questo che iniziato tutto. Era una collezione di sedie rotte, il risultato rifletteva proprio su quello che la gente usa e getta.

Tu sei un designer ma sei anche un artista come ti collochi ?

Attuo un po una scelta, mi sono ho sempre detto che lavorando in un ambiente creativo dovevo comunque creare una mia identità, quindi perché non crearla diversamente. Facendo questo mestiere hai possibilità di scegliere la tua identità. Poi forse ha influito anche il contesto e il fatto che in questi anni ho viaggiato molto. Sono cresciuto sulle montagne, poi ho studiato a Vienna, mi sono trasferito a Milano e poi a Londra. Ogni città mi ha dato qualcosa. Sono un designer italiano ma anche europeo ed ogni luogo dove sono stato mi ha lasciato un impronta.

Credit John Sturrock

In molti tuoi lavori c’è  una componente di auto-produzione. Quale importanza ha questa pratica per i designer? 

Per un designer emergente è necessario realizzare oggetti auto-prodotti. Il designer deve mostrare le sue idee, non ci si può aspettare di essere cercati. Inoltre è importante trovare uno spazio in cui avere visibilità e questo va costruito pian piano.

Martino Gamper per Gebrüder Thonet Vienna

C’è un prodotto nel design ancora non hai disegnato e che vorresti fare?

Si è nel campo dell’illuminazione, mi piacerebbe poter fare qualche progetto di lampada. Probabilmente non l’ho ancora fatto forse perché è un prodotto tecnologico a cui non mi sono avvicinato…

Nel tuo percorso progettuale lavori anche con le Gallerie, che ruolo hanno? 

Collaborare con le gallerie mi da libertà di riflessione e di sperimentazione e  anche una certa indipendenza. Perchè lavorando con le gallerie, non sono legato alle aziende e alle loro decisioni, se vogliono o meno portare avanti un progetto. Però c’è anche il rovescio della medaglia perché il mondo delle gallerie a volte non è facile, essendo una realtà di nicchia e di lusso. Comunque le gallerie mi danno la possibilità di mettermi in gioco e di avere grande libertà espressiva.

Martino Gamper per Nilufar