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Vado al massimo Cronache dall’Italia postmoderna

La Galleria Enrico Astuni è lieta di presentare Vado al massimo. Cronache dall’Italia postmoderna, una mostra curata da Luca Beatrice. Ogni ripartenza è complessa e difficile. Siamo nel 2020 e non è la prima volta che il nostro Paese si trova di fronte alla necessità urgente di una reazione concreta e determinata. L’Italia repubblicana ha affrontato crisi politiche ed economiche, terrorismo e stragi, conflitti sociali e disastri ambientali, eppure ogni volta sono uscite da un popolo sorprendente motivazioni nuove ed energie impreviste. L’arte, la cultura in generale, spesso anticipa i tempi proprio perché sperimentale e non sempre legata a doppia mandata con la realtà. Negli ultimi mesi il progetto di questa mostra ha dovuto necessariamente cambiare più volte prospettiva: eventi, cronaca, stati d’animo non potevano non condizionarne la poetica e le scelte, però è sempre stato chiaro, per tutti coloro che ci hanno lavorato, che non si vedeva l’ora di ripartire e ripresentarsi al pubblico. La riflessione sugli anni Ottanta, quarant’anni dopo, prende spunto proprio dall’energia sparata al massimo dai venti-trentenni di allora, la voglia di cambiare marcia e imporre una nuova idea di cultura giovane che non a caso ci consegnerà uno dei decenni creativamente più interessanti del secondo novecento. Venendo all’arte, già nel 1979 i primi segnali di cambiamento con la nascita della Transavanguardia. Nel 1980 a Venezia, la Biennale d’arte inaugura finalmente una sezione dedicata ai giovani artisti. Ad “Aperto ‘80”, curata da Achille Bonito Oliva e Harald Szeeman, il primo palcoscenico internazionale per i giovani che hanno riscoperto la pittura. E sempre nel 1980, varata la prima Biennale di Architettura, che segna il definitivo approdo all’era postmoderna: un nuovo rapporto con la storia, la tradizione, la fine anticipata delle grandi ideologie. E’ un’Italia nuova, che esporta design, moda e ristoranti in America, dove termina la lunga stagione del duopolio DC-PCI (per la prima volta il Presidente della Repubblica è un socialista, Sandro Pertini, e il presidente del consiglio, Giovanni Spadolini, è un laico); nascono le tv private e MTV, la Nazionale azzurra vince i mondiali di calcio nel 1982 e il nostro diventa il campionato più bello del mondo, dove giocano Maradona e Platini, Falcao e Zico. In questo clima l’arte attraversa una stagione esaltante, in un continuo rimescolamento dei linguaggi tra alto e basso, discipline accademiche e nuove forme di comunicazione. Nel 1982, l’anno della notte di Madrid e del concerto dei Rolling Stones a Torino, Vasco Rossi pubblica l’album il cui titolo ci prendiamo di diritto per manifestare il nostro stato d’animo: Vado al massimo. Speriamo che il Komandante non ne abbia a male ma ci sembrava necessario l’omaggio, visto che siamo in Emilia.

In mostra sono stati selezionati diciotto artisti italiani attivi negli anni Ottanta, includendo nel termine “arte” anche la moda con Missoni, la fotografia pubblicitaria di Oliviero Toscani, il design e l’architettura di Massimo Iosa Ghini e Riccardo Dalisi, senza privilegiare una sola linea o un linguaggio particolare, cercando piuttosto di riproporre la molteplicità di allora, per uno sguardo orizzontale, libero, disinvolto. Ma attenzione: non è un’operazione revival né la nostalgia per un sapore vintage, perché quella stessa voglia di libertà non è invecchiata neanche un po’. Accanto alle testimonianze della Transavanguardia, con Francesco Clemente e Mimmo Paladino, e della Nuova Scuola Romana, con Nunzio, le opere di artisti già attivi nei decenni precedenti ma che negli anni Ottanta svilupparono passaggi fondamentali della loro poetica: Salvo approda definitivamente alla pittura, Luigi Ontani elabora lo sguardo verso Oriente, Antonio Trotta riempie la scultura di citazioni colte e letterarie, Aldo Mondino propone un modello di religione sincretica, tra ebraismo e cultura islamica, Alighiero Boetti trasforma il concettualismo dell’Arte Povera in leggerezza divertita e Giulio Paolini si dedica a recuperare l’eleganza della storia mentre Gino De Dominicis sceglie l’enigma imperscrutabile nell’antichità. Lo sguardo sul decennio continua con l’analisi di alcuni artisti emersi nella seconda parte degli anni Ottanta, con una maggior frammentazione delle esperienze sul territorio: Stefano Arienti da Milano, Cuoghi Corsello e Maurizio Cattelan (provvisoriamente) da Bologna, Daniela De Lorenzo da Firenze. Il loro lavoro rappresenta il transito verso il Duemila, mentre si consumano nuove rivoluzioni – la caduta del Muro di Berlino, la fine dei regimi comunisti, l’invenzione del web. Ma a quel punto arriviamo al 1989 e sarà una storia diversa, tutta da scrivere.