Cheyney Thompson indaga i sistemi che danno forma alla produzione, la distribuzione e l’esposizione della pittura, e i campi culturali che possono coesistere con l’opera d’arte: matematica, storia, biologia ed economia politica. Imponendo rigorosi vincoli alla sua pratica pittorica, Thompson sottolinea le strutture che governano la produzione artistica contemporanea. In questo corpus di opere, “l’artista” emerge non tanto come mito creatore, ma più come uno spettro, sentito o percepito come una presenza appena fuori dalla cornice o come un fascio di intenzioni e intelligenza che apre e dirige un percorso attraverso ordini sovrapposti di astrazioni.
La nuova serie di Displacement Paintings di Cheyney Thompson definisce la superficie di ogni tela come un’area sensibile al tatto. Le opere adottano una struttura uniforme di quadrati neri di cinque millimetri, dipinti seguendo un motivo a griglia su sfondo bianco; prima che la pittura si asciughi, Thompson applica degli speciali strumenti in silicone sulla superficie, distorcendo i quadrati fuori dal loro posto. L’artista non aggiunge materia; piuttosto, sottopone i segni esistenti a un processo di riorganizzazione. Le trasformazioni risultanti appaiono come estensioni dei quadrati in linee, in forme simili a glifi e in campi di colore ampi e sinuosi. Ogni dipinto diventa un resoconto dell’interazione degli strumenti con la superficie pittorica: gli arresti e le partenze, i limiti cinetici del corpo di Thompson e la trasformazione entropica dei quadrati dipinti, da una condizione di ordine a una di disturbo. Ma sono anche immagini, come se questo gioco di rotture e forme evocate fosse stato congelato su una superficie instabile, fissata da trappole figurative, compositive e spaziali. Per la mostra da Ordet, Thompson introduce quattro ampi e vividi archi, rossi, gialli, verdi e blu, spruzzati sullo sfondo bianco, che appaiono come luci colorate ad illuminare i dipinti, un arco per ogni angolo. Insieme, suggeriscono che ogni tela non sia un pezzo autonomo, ma un elemento in un insieme più grande i cui raggi sono progettati mettendo in relazione le dimensioni interne del dipinto con la struttura architettonica dello spazio espositivo e le posizioni dei dipinti adiacenti. Thompson tratta il colore sia come materia sensuale che come strategia organizzativa.
Dalle riflessioni di Thompson sul tatto nascono anche i disegni inclusi nella mostra, che cercano di comprendere la relazione del tatto con concetti più ampi di produttività. Prendendo come punto di partenza il concetto di “takt time”, un termine industriale che definisce il ritmo e la velocità di produzione necessarie per soddisfare la domanda di un prodotto, Thompson ha costruito un tavolo da disegno con un micro-computer incorporato e una resistenza sensibile alla pressione per misurare esattamente 10 secondi di “touch-time” con la superficie. Sebbene il disegno sia sempre stato una procedura di registrazione (osservazione, schizzo, piano, diagramma) questi disegni sensibili al tatto ne implica-no una caratteristica aggiuntiva. Per Thompson l’oggetto del disegno è meno importante di come le contorte procedure di osservazione e tracciamento, le annotazioni e gli scarabocchi appaiono misurati dalla regolarità di un orologio.
Un’opera della serie Some Storage Devices (2019), anch’essa esposta nella mostra, presenta i modi in cui l’artista ha cercato di indagare come i criteri che regolano la produzione, la distribuzione e l’esposizione della pittura si relazionano con i sistemi complessi in cui viviamo. Composto da sette opere ospitate all’interno di un dispositivo d’archiviazione personalizzato, le opere coprono quindici anni di attività di Thompson, tra cui le sue serie Chronochrome, dove il momento della produzione dell’opera è mappato sulla tela dai colori codificati per corrispondere alle ore del giorno; Quantity, che vincola la quantità del pigmento o altro materiale applicato all’estensione della superficie della tela; Stochastic, in cui un numero predefinito di passaggi, generati da un algoritmo libero che opera all’interno di un campo di colori, sono registrati sulla superficie dei dipinti attraverso segni uniformi; Displacement; e un dipinto della serie di dettagli in scala di grigio di un’opera di Peter Paul Rubens. Nel complesso, questi lavori rappresentano l’interesse di Thompson per i sistemi adiacenti e tangenti all’opera d’arte. Questo interesse si estende alle relazioni tra le strutture o i vincoli che Thompson impone al proprio lavoro e al potenziale di entropia di opere situate all’interno di (e come) campi di informazione.