Collocato in prossimità del nucleo storico di Ceggia, piccolo comune della città metropolitana di Venezia, il complesso espositivo-logistico per la moda si inserisce come elemento di ricucitura in un tessuto urbano disomogeneo. L’economia locale ruota attorno ad alcune realtà industriali e ad una commerciale di tipo 2.0: uno store per la vendita di prestigiose griffe internazionali e nuovi brand di tendenza o emergenti si sviluppa e si espande grazie ad un’importante estensione verso l’e-commerce, sbocco che contribuisce al rilancio delle aree periferiche della città metropolitana di Venezia, attraendo un pubblico di acquirenti provenienti anche dai Paesi esteri limitrofi.
Il progetto di architettura si sviluppa su un lotto irregolare attorno ad un edificio preesistente dal volume semplice e austero, con tetto a capanna in coppi di laterizio. Quattro nuovi corpi di fabbrica, ne rievocano, in ripetizione seriale, l’impianto volumetrico: elementi netti giustapposti e slittati tra loro creano, con la preesistenza, una volumetria articolata in stretta e voluta relazione con il contesto.
La nuova architettura dialoga da un lato con l’elemento naturale del fiume che scorre parallelo, in un rapporto ancestrale con l’acqua che ritorna sempre nella conformazione e nella storia del territorio veneto e veneziano in particolare, e dall’altro con l’elemento antropico del centro abitato, al di là del corso d’acqua. Il carattere estetico del nuovo sito si colloca da un lato sulla falsariga di una tradizione quasi vernacolare: la forma architettonica archetipica e sintetica e l’uso del mattone facciavista (Fornace S.Anselmo) richiamano i magazzini veneziani – come quelli del Sale o delle Tese dell’Arsenale, non a caso oggi riconvertiti in spazi per le arti- ; dall’altro vede forti innesti contemporanei come il cemento armato a vista e il tetto in zinco, in assenza totale di elementi decorativi.
Pur trattandosi di un edificio privato per uso principalmente terziario, come spazio di lavoro, logistico ed espositivo, obiettivo comune della committenza e dei progettisti è l’impegno a lasciare un segno deciso, esteticamente composto e rispettoso del contesto, che possa valorizzare il territorio maltrattato in cui si inserisce: un approccio ambizioso che crede nell’architettura come valore pubblico. “L’edificio non è un oggetto appartenente solo a chi lo commissiona o progetta, ma anche e soprattutto un bene per chi lo vive, lavorando al suo interno, o semplicemente lo vede, vivendo in prossimità; un valore che si manifesta nel tempo anche per tutta la comunità locale. Il vero ruolo sociale dell’architettura’ affermano Aldo Parisotto e Massimo Formenton.
Il progetto è stato selezionato dal Premio Internazionale di Architettura 2019 voluto dalla Fondazione Barbara Cappochin al fine di promuove l’architettura capace di migliorare le relazioni fra l’uomo, lo spazio, e l’ambiente in cui è inserita, nella consapevolezza che la qualità della vita sia imprescindibile dalla qualità dell’architettura. Il progetto è in esposizione a Padova, nel Tavolo dell’Architettura che porta la firma di Renzo Piano e include le migliori opere selezionate dalla giuria internazionale provenienti da oltre 36 Paesi di tutti i continenti, fino al 26 gennaio 2020.