Trascorrere le proprie giornate all’aria aperta è una delle armi migliori per limitare la diffusione del contagio da Covid-19: più passa il tempo e più gli esperti si convincono che evitare ambienti con scarso ricambio d’aria sia un’arma decisiva per fermare il coronavirus.
Nel corso degli ultimi mesi diversi studi hanno dimostrato che trascorrendo del tempo insieme ad altri individui in ambienti chiusi il rischio di contagio tende a raddoppiare ogni ora, anche se si mantengono le distanze interpersonali: non è un caso che, con l’estate ormai alle porte, le più recenti delibere da parte dei governi le imminenti riaperture delle attività di ristorazione tendano a prediligere i posti a sedere in dehors, plateatici e verande a scapito dei coperti ubicati all’interno dei locali.
E il mondo del lavoro? Se consideriamo le otto ore di lavoro “standard” quotidiane in ufficio va da sé che ogni lavoratore non in regime di smart working finisca per trascorrere un terzo della propria giornata in un ambiente in cui il rischio di contagio è potenzialmente duplicato. In attesa che la campagna di vaccinazione apporti i suoi effetti in termini di immunità di gregge sono molte le aziende che hanno escogitato espedienti per ridurre il rischio di contagio negli ambienti di lavoro: distanziamento delle postazioni, percorsi differenziati, turnazione del personale presente in ufficio e – non da ultima – la creazione di spazi di lavoro – fissi o temporanei -outdoor.
Il concetto di outdoor office è una tendenza del tutto nuova, per certi versi inesplorata, ma con tutte le potenzialità per restare; apporta un duplice, se non triplice, beneficio i lavoratori: riduce il rischio di contagio da virus, può permettere di lavorare a stretto contatto col verde (e di conseguenze migliorare umore e performance dei lavoratori come dimostrato da vari studi) e di beneficiare della luce naturale (una panacea per il benessere fisico, secondo un recente rapporto della Cornell University).
E’ palese che non tutte le aziende dispongano di spazi adatti alla creazione di un ufficio outdoor ma sul mercato esistono già alcune soluzioni adatte ad imprenditori e facility manager che vogliano intraprendere questa strada innovativa ed alternativa.
E’ farina del sacco di due italiani – Davide Anzalone e Alberto Mattiello – la start-up Eitherland che lo scorso novembre si è guadagnato il prestigioso German Design Award. Un sistema di strutture modulari, pensato per spazi outdoor pubblici e corporate, in grado di creare postazioni singole o condivisi in spazi spesso sottoutilizzati. Si installa rapidamente, è dotato di copertura ed elettrificazione e rappresenta una soluzione perfetta per la bella stagione (o per tutte le zone geografiche con bassa piovosità).
Venendo a soluzioni più complesse l’azienda statunitense Landscapeforms, leader nello sviluppo di prodotti contract per l’outdoor, ha ampliato la propria gamma con una serie di prodotti pensati per lavorare en plein air: tra essi spicca senza dubbio ‘Upfit Zone’ struttura coperta in grado di creare da 2 a 4 funzionali postazioni di lavoro in ambienti esterni.
Anche la spagnola Viccarbe ha recentemente rilasciato una collezione dedicata al workspace outdoor, con soluzioni smart che spaziano dai tavolini singoli con battery pack ai divanetti imbottiti rainproof dotabili elettrificazione.
Interessante anche la soluzione Tinyhome, pod prefabbricato pensato per l’outdoor dal studio di architettura madrileno delaVegaCanolasso.
Ci aveva visto lungo l’americana Secondhome che, già ad inizio 2019, creò il primo spazio coworking outdoor immerso nel verde, con postazioni di lavoro singole e sale riunione coperte da speciali tettoie con pannelli solari.
E in Italia? Nonostante la presenza di aziende di design specializzate nell’arredamento outdoor, non risultano al momento collezioni specifiche dedicate a questo fenomeno emergente ma siamo certi che novità in materia non tarderanno ad arrivare.
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In copertina: fonte _Work Design Magazine