Tra gli oggetti di design quotidiano che sicuramente tutti usiamo, più o meno abitualmente, c’è la penna a sfera. Per quanto possa sembrare strano la penna a sfera è da considerare un’invenzione piuttosto recente. Le informazioni circa questa invenzione risalgono al 15 giugno 1938, anno in cui László Bíró, un giornalista ungherese stanco delle problematiche date dalle allora classiche penne stilografiche, depositò in Gran Bretagna un brevetto della sua penna.
La vera invenzione oltre che nella penna stava nell’inchiostro, che egli elaborò insieme al fratello chimico di professione, György Bíró. Si trattava di un inchiostro viscoso che non doveva richiedere tempo per asciugarsi come accadeva invece con quello usato per le stilografiche, ma piuttosto doveva essere simile a quello usato sulla carta carta stampa.
Questo inchiostro si univa al meccanismo della sua penna biro, detta anche a sfera, proprio perché una sfera, di diametro variabile era posta all’estremità della penna.
Si racconta che l’idea gli sia nata osservando dei bambini giocare a biglie per la strada. In quell’occasione, vide che le biglie, dopo aver attraversato una pozzanghera, lasciavano dietro di loro una riga di fango uniforme. Ebbe così l’intuizione di creare una penna a sfera, inserendo all’estremità di una cartuccia d’inchiostro una piccola sfera metallica libera di ruotare. La rotazione prelevava l’inchiostro dalla cartuccia e lo depositava sulla carta.
Nel 1941 i fratelli Bíró fuggirono dall’Europa e si trasferirono in Argentina qui fondarono la Bírós Pen of Argentina e nel 1943 depositarono un nuovo brevetto.
Non molto dopo ad acquistare il brevetto della biro di László József Bíró e a migliorarne il metodo di produzione ci pensò Marcel Bich. Il quale presentò la sua penna a sfera e la chiamò BIC, come il nome dell’azienda che ancora oggi produce, tra le altre cose, le famose e classiche penne a sfera.
Va detto però che un primo brevetto di penna a sfera risale al 30 ottobre 1888 e fa capo ad un conciatore di pelli. Tale John J. Loud che non essendo in grado di scrivere con una stilografica sui suoi prodotti in pelle pensò ad penna composta da un tubo contenente l’inchiostro e da una piccola sfera rotante di acciaio inserita sulla punta. Anche se poteva essere usata per marcare superfici ruvide come il cuoio la sua penna si rivelò troppo grossa per scrivere lettere sulla carta. Così in assenza di redditività commerciale il brevetto alla fine decadde.
La penna Bic per fermare un’ idea
Dopo la nascita della biro sono state nel tempo le evoluzioni e gli adattamenti che hanno portato le penne a sfera ad essere uno degli oggetti più amati e diffuse anche dai designer come Simone Bonanni che l’ha scelta per la Cover di Arredativo:
“Ho sempre amato disegnare a Bic perchè esclude un possibile ripensamento su ciò che ormai è passato, invita a provare e riprovare, a migliorarsi, lasciando traccia ben visibile degli errori commessi che sono vera e unica testimonianza di un processo di miglioramento.”
Scrivere, disegnare e appuntarsi un’idea al volo è senza dubbio una normale routine per un designer. Pertanto la penna biro è senza dubbio uno di quegli accessori che non devono mai mancare nella borsa dei creativi come ci ricorda Bonanni:
“La penna Bic mi ricorda come l’importante sia focalizzarsi su ciò che deve ancora accadere perché è l’unica cosa che possiamo ancora perfezionare” dice Simone Bonanni.
Dal disegno alla terza dimensione
Come è evidente nella mostra ORME, in scena presso Pianca & Partners a Milano (a cura dell’architetto Massimo De Conti, ) interamente dedicata al suo lavoro, Bonanni fa del disegno e dell’illustrazione un primo step fondamentale del suo lavoro.
In esposizione fino al 30 luglio ci sono infatti i suoi acquerelli, pantoni, matite, grafiche che divengono forme, curve, sfumature, materia, mirando a suscitare una sensazione precisa, che evolve in maniera soggettiva. Il vero valore del design acquisisce così un significato visibile e concreto.
Come solchi, tratti ricalcati dall’andirivieni tra pensieri e ricordi, le raffigurazioni in tecnica mista rappresentano una visualizzazione grafica tanto spontanea quanto senza schemi di una ricerca interiore, nella quale conta maggiormente la sfera della percezione rispetto a quella meramente materiale.
ORME racconta quindi l’idea di memorie e nuove sensazioni, di nuovi desideri precursori di progetti, in un processo non calcolato nel quale la forma è la diretta conseguenza.
Le nuove collezione per Pianca firmate da Bonanni
Simone Bonanni ha all’attivo collaborazioni con marchi del design Internazionale come Alessi, Fiam, MDF Italia, Moooi, Pianca. Aziende per le quali ha disegnato prodotti come “Kandinsky”, il rubinetto scultura dalle forme geometriche chiare di Alessi by Hansa o il tavolo Theo di FIAM, la serie di tavoli da pranzo risultato di un processo di sintesi grafica e di ricerca dell’equilibrio tra i pieni e i vuoti. Composta da pochi e precisi segni perpendicolari che disegnano nello spazio un’architettura ridotta all’essenziale che fa da regia allo straordinario gioco di trasparenze, colori e rifrazioni che solamente il vetro fuso ad alta temperatura è capace di regalare.
Tra i più recenti progetti ricordiamo invece la collaborazione con Pianca per cui ha ideato il letto Domenica e il gruppo notte Kyoto .
Omaggio al giorno della settimana dedicato al riposo, il letto Domenica è un invito all’ozio, all’abbandono di un abbraccio materico, caldo e protettivo. Un’alcova in cui risposare, leggere e oziare, dolcemente accolti da forme morbide di una struttura che crea una nicchia, sicura e intima. Non solo un letto, ma un luogo e in una certa misura anche una architettura di interni pensata per far riposare le emozioni.
I complementi del gruppo notte Kyoto, comodino e comò, nascono invece dalla ricerca del tratto assoluto tra angolo e linea retta, in una composizione misurata di superfici.