Fino a venerdì 7 ottobre 2022 presso la Basilica di San Celso Kill Your Idols, la prima mostra a Milano dell’artista Radek Szlaga (Gliwice, 1979), tra le voci di punta della scena artistica polacca contemporanea.
L’esposizione è promossa dalla galleria PostmastersROMA con il patrocinio dell’Istituto Polacco di Roma e la collaborazione dell’associazione LAQ – lartquotidien, ed è accompagnata da un testo critico di Giovanna Manzotti.
Formatosi tra la Polonia e gli Stati Uniti, Radek Szlaga è un artista multidisciplinare che si esprime attraverso la pittura, il disegno, la scultura e l’installazione, ponendosi come mediatore di un particolare dialogo tra i linguaggi artistici tradizionali e le prospettive più contemporanee. Le sue opere, caratterizzate da una densa stratificazione di colori, materiali, disegni e iconografie, sono la manifestazione di un immaginario tanto personale quanto collettivo costruito negli anni assimilando elementi iconici ed evocativi tratti dalla cultura popolare, dalla storia, dalla politica e dai mass media.
Per la mostra Kill Your Idols, pensata appositamente per gli spazi della Basilica di San Celso, Szlaga presenta Noriega Mix Tapes, una serie inedita di opere – 13 dipinti e una scultura – ispirate a un fatto storico al limite dell’assurdo, del quale raccoglie gli aspetti più aneddotici e umoristici filtrandoli attraverso la propria cifra stilistica.
Nel 1989, il dittatore panamense Manuel Noriega sfuggì all’invasione americana rifugiandosi nell’Ambasciata del Vaticano a Panama. Per catturarlo, il comando delle forze armate statunitensi scelse di adottare un metodo non convenzionale: schierò una decina di amplificatori all’esterno dell’ambasciata per stanare il dittatore, grande appassionato d’opera, a suon di musica heavy metal. Brani come Enter Sandman dei Metallica, Welcome to the Jungle dei Guns N’ Roses, o Paranoid dei Black Sabbath risuonarono per giorni finché Noriega, sfinito, si consegnò alle forze statunitensi.
Ancora una volta Szlaga si relaziona con i maggiori temi del mondo contemporaneo con lucidità e disillusione: centrali nella sua riflessione sono concetti come la globalizzazione, l’informazione e le post-verità, gli equilibri di potere tra Oriente e Occidente, restituiti al pubblico in tutta la loro complessità anche dal punto di vista della creazione dell’opera. L’artista infatti seleziona, archivia e rielabora elementi dell’immaginario est-europeo e americano, fondendo cultura alta e iconografia popolare accanto a suggestioni del proprio subconscio.
Eclettici e stratificati, i lavori in mostra restituiscono questa complessità attraverso immagini frammentate, a metà tra figurazione e astrazione, che invitano a soffermarsi sulla loro superficie frastagliata, formata da diverse stratificazioni di colori e materiali – texture fisiche e insieme ideologiche – nate da frammenti di lavori precedenti, inserite in una rigorosa e articolata ricerca artistica focalizzata sul presente.
Spiega Giovanna Manzotti: “Per Radek Szlaga, la pittura è una piattaforma di accumulo esperienziale, un terreno di costante ricerca formale ed esplorazione identitaria, al confine tra realtà e simulazione, dove il “metodo” interiore – che è al contempo intuitivo e riflessivo, espressivo, rappresentativo ed emozionale – si amalgama in scenari ibridi che diventano spazi di revisione del sociale e dello storico, del religioso e del mediatico. Nelle sue narrazioni, le storie si inseguono in un copione senza trama prestabilita, dove i dialoghi lineari e i confini estetici definiti sembrano aver abbandonato la scena a favore dei canali caotici dell’immaginazione, dell’onirico, della memoria. È il corpo polifonico della quotidianità ad emergere, nel suo multiloquio vivace che si compone e si disfa nel momento stesso del suo manifestarsi. È il battito e l’intermittenza delle immagini che pulsano oscillanti sulle superfici pittoriche a venire a galla, contemporaneamente allo scorrere disarticolato e atemporale che guida il gesto dell’artista”.
Centrale nella produzione artistica di Radek Szlaga è l’elemento autobiografico. Nato durante la caduta del regime comunista in Polonia, l’artista si trasferisce con la sua famiglia negli Stati Uniti negli anni Novanta. L’esistenza diasporica di Szlaga risulta divisa tra l’ammirazione del “primo mondo” e la realtà est-europea, culminando in Kill Your Idols come una presa di coscienza dello scollamento tra l’immagine illusoria della superpotenza globale americana e lo stato attuale di quell’egemonia: sgretolata e dispersa nel passato. Metafora di questa riflessione è una scultura che ritrae Axl Rose, leader storico dei Guns N’ Roses ormai sessantenne e svigorito, che incarna l’attuale erosione di quegli ideali, dogmi e certezze su cui in passato si sono costruiti i più grandi miti universali.