Sullo sfondo di un anno che il MAN di Nuoro ha dedicato al dialogo fra arte e architettura, dopo
l’omaggio alla scalinata di Odessa e ai workshop con le università di architettura di Cagliari, Alghero e Palermo, prende forma ora un progetto inedito studiato appositamente per gli spazi del museo.
La mostra Il Resto dell’Alba nasce da un confronto teorico fra l’artista Patrick Tuttofuoco, la curatrice museografa Maddalena d’Alfonso e l’architetto Giovanni de Niederhäusern, vicepresidente di Pininfarina Architettura. Il Resto dell’Alba è un’opera avvolgente che interpreta la nuova frontiera del virtuale dando un corpo fisico all’ipertecnologia del digitale.
Lo spazio dell’arte, infatti, è visto come un luogo esperienziale generato con strumenti di prototipazione virtuale, dove spazio e pubblico si integrano e si attivano a vicenda, traguardando il tempo dell’arte: da una parte quello storico, passato, rappresentato idealmente da una scultura nuragica, con tutto il suo portato mitico e assoluto insieme, come segno eterno di una presenza iconica delle nostre origini, “da dove veniamo”, il nostro retaggio arcaico; dall’altra parte, quello del futuro, digitale, il “dove andiamo” simbolizzato dall’immaginario incorporeo e aurorale della luce epifanica di un sole doppio, una prospettiva e, al contempo, una nuova genesi, ispirata alla classica iconografia del sole nascente, di matrice anarchica, speranza di un avvenire radioso, allegoria di una rigenerazione e di un nuovo senso dell’abitare dell’uomo sulla terra, così come teorizzato da Jean-Jacques Rousseau, Bruno Taut o Martin Heidegger. Tutto questo sta alla base di una forma progettuale potente e utopica, un’opera attraversabile in un viaggio allegorico, dove l’esperienza si sublima nella dimensione del simbolo.
L’ambiente progettato con strumenti di design parametrico di tipo generativo è interamente realizzato in alluminio tagliato con una tecnica denominata mesh clustering, per ottimizzare l’uso del materiale, la realizzazione a controllo numerico e l’assemblaggio a secco. Questo consentirà, a fine mostra, di disallestire l’opera e riutilizzare il materiale nella filiera del riciclo. Il sole doppio è una forma-oggetto composta dalla sfera incipiente e dal suo doppio, che è anche un’ombra luminosa, un inconcepibile cortocircuito sulla questione della fonte della luce e del calore.
La mostra, nel dialogo tra arte, architettura e museografia, propone al pubblico un’esperienza personale, in cui la dilatazione del momento dell’alba cristallizza uno stato di attesa, un tempo sospeso e pone l’osservatore di fronte a quesiti su un futuro sempre più innaturale ma nell’ottica di una reciprocità virtuosa fra natura e tecnologia. Fra passato e futuro, il visitatore incarna il presente. Il paesaggio museografico desunto dall’immaginario digitale del metaverso, fa percepire il fascino del disagio di essere troppo vicini al sole. Una sensazione che genera la riflessione su grandi temi comuni e attuali, da affrontare con urgenza sempre maggiore: dai più evidenti, relativi al cambiamento climatico, a quelli di ricerca sul design di supporto alla riduzione degli sprechi e sulle materie prime.
Il MAN promuove con questa mostra una condivisione su argomenti fondamentali, dalle questioni
della sostenibilità sociale a quelle dell’inclusione, attraverso la coesistenza di arte, artificio e umano in un luogo aurorale. E pone al pubblico domande importanti: quale intricata relazione si sta instaurando tra la nostra esistenza nel mondo digitale e la presenza fisica? Che luoghi e spazi pensare per l’inclusività e per sensibilizzare su problematiche contingenti per la costruzione del futuro?