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Bruno Munari: Antropocene

“I ‘Fossili del 2000’ si trovano immersi nel metacrilato (invece che nell’ambra) e non sono insetti (anche se lo sembrano a prima vista) ma interni di valvole radio (vi ricordate?) modellate sapientemente da un operatore contemporaneo. Nei Musei di Storia Naturale si vedono i resti di qualche animale ignoto, messi assieme in modo da ricostruire l’animale come se fosse vivo. Con lo stesso principio si possono costruire non solo animali per il Museo, ma anche ‘Oggetti Immaginari’ componendo assieme frammenti di residui di origine incerta e di uso ignoto. Incredibile!” Bruno Munari

Cosa diranno di noi coloro che tra migliaia di anni troveranno nel suolo le tracce della nostra esistenza? Oggi molti scienziati parlano di Antropocene per definire l’attuale era geologica caratterizzata dalle attività umane. La specie umana sta infatti producendo cambiamenti biologici, chimici e geologici così rilevanti che, tra milioni di anni, sarà possibile ricostruire la nostra esistenza scavando nelle rocce proprio come adesso facciamo con i fossili dei dinosauri.
Bruno Munari, già a metà degli anni ’50 e dunque molto prima che il termine antropocene prendesse forma, si era chiesto quali tracce avrebbe lasciato nel nostro pianeta la presenza dell’uomo. Ponendosi come sempre nel ruolo di osservatore esterno immagina di essere migliaia di anni nel futuro e, come un archeologo, di dover ricostruire la società a partire da una serie di reperti ritrovati nel metacrilato: i Fossili del 2000.
Questa mostra prende in prestito il concetto di Antropocene per guidarci in un percorso tra reperti antichi e moderni, oggetti reali e “ricostruiti”, fossili e opere che giocano con i metodi di ricostruzione e di osservazione tipici dell’archeologia.


Scriveva Munari: “Nella nostra epoca l’ambra si chiama metacrilato e si può trovarla o ottenerla in vari colori. Si può quindi conservare nel metacrilato un oggetto di un’epoca passata, un oggetto tecnologico ormai scomparso nella nostra epoca e, certamente introvabile nel duemila. Gli oggetti che ho cercato di conservare come fossili sono delle antiche valvole radio dell’epoca delle prime radio, dell’epoca radiozoica. Questi nuovi fossili permettevano il passaggio di voci e suoni per cui la gente dell’epoca stava delle ore davanti a una scatoletta che conteneva questi insetti metallici, a sentire voci e suoni emessi in luoghi lontani. Questi fossili sono stati conservati aperti per mostrare come erano fatti dentro: con i loro filamenti, nervature, i loro sistemi e i loro organi. I suoni e le voci non si sentono più”.


Per Bruno Munari Antropocene saranno esposti alcuni Fossili del 2000, libri e fascicoli di Memorie della Società Italiana di Scienze Naturali del Museo di Storia Naturale di Milano, una cassetta entomologica e altri oggetti rari e sorprendenti provenienti da epoche lontane o che racchiudono storie antichissime, oltre a una serie di opere provenienti dalla collezione privata dei nipoti Bruno Munari e Valeria Munari Cattin, che con Corraini collaborano alla realizzazione di Spazio Munari.
L’allestimento è a cura di Parasite 2.0, con il supporto di ADI Design Museum che ha fornito i materiali. Si ringrazia Telmo Pievani per il suo contributo e il testo critico che accompagna la mostra.