Dal 15 febbraio al 12 aprile 2024, Divario — contenitore d’arte sui generis di Roma — presenta “Natural disaster”, mostra personale immersiva di Francesca Cornacchini (Roma, 1991), artista italiana che coniuga romanticismo, eroismo, cultura underground e rivoluzione tecnologica nel suo linguaggio artistico. Violenza e fragilità sono dimensioni ossimoriche della sua ricerca che prende forma in azioni performative e opere materiali che hanno il potere di trasportare il pubblico nel suo immaginario fantascientifico.
Francesca Cornacchini studia con metodologia temi biologici, filosofici ed antropologici, con estetiche crude di stampo underground. La costante ricerca tecno\scientifica diventa il fuoco per i medium che utilizza, spesso di derivazione virtuale, creando un dialogo non solo con il mondo e la storia dell’arte, ma una connessione più intima con la sfera biologica e sociologica dell’uomo.
“Natural disaster” sembra mostrare la calma dopo una battaglia, un momento emozionante che segue il passaggio di una forza potente e creativa. Il titolo suggerisce una distruzione interpretata in modo romantico, collegata a una filosofia che vede nella Natura un potere grandioso, suscitando sentimenti di devozione, paura ed estasi. Le opere, considerate come un insieme, delineano un paesaggio ambiguo, rappresentando sia eventi atmosferici stilizzati che tracce di gesti vandalici. Nonostante la distruzione apparente, emerge un’immagine unitaria attraverso un processo metodologico di disgregazione e ricostruzione.
L’artista usa tessuti e lastre metalliche per creare un “percorso nel caos”, trasformando gli effetti della distruzione senza ridurne l’impatto. La mostra crea un’atmosfera simile a una cattedrale dedicata alla luce improvvisa e al fuoco dell’esplosione, modificando la percezione degli spazi con un’armatura simbolica.
La grande installazione “Incendio: allegoria del fuoco” posizionata in alto e frontale rispetto all’ingresso, simboleggia il fuoco utilizzando moduli in ferro zincato attraversati da venature di fumo. “Il Sole (sole nascente 1)”, al centro prospettico dello spazio, è un mix di felpe e pantaloni assemblati e cuciti tra loro, che crea un orizzonte oscuro illuminato da loghi, strisce e cerniere lampo.
La disposizione spaziale e la scelta dei materiali generano un mix temporale, mescolando passato, presente e futuro. Il fumogeno accanto al fulmine diventa simbolo di fascino e terrore, mentre le geometrie brutaliste convivono con la sacralità dello spazio. L’Assoluto, rappresentato dalla subcultura di una cavalleria contemporanea, emerge dalle ceneri di un rave.
La mostra suggerisce un ciclo eterno, dal rumore del tuono al vuoto che lo precede, con le armature che vengono rimosse e lo spazio che si riempie di silenzio.