Molteni &C: un’edizione speciale della poltrona D . 154.2 di Gio Ponti

Pubblicato il Di in Pezzi Storici

Questo inverno, Molteni&C dà il benvenuto alle feste con una speciale edizione in oro della poltrona D.154.2, per celebrare il 90° anniversario dell’azienda. La poltrona è stata personalizzata in una versione oro per l’occasione, illustrando un’idea sofisticata per accogliere amici e familiari durante le festività.

La poltrona D.154.2 è un progetto iconico che fa parte della Gio Ponti Collection dal 2015. È caratterizzata da una forma avvolgente e accogliente, una scocca in poliuretano rigido, una controscocca in poliuretano morbido e un cuscino, rappresentando un esempio della migliore artigianalità italiana e dei più alti standard di design. Con l’accordo siglato con gli eredi Ponti, che garantisce l’esclusiva mondiale per la riedizione e la commercializzazione di tutti gli arredi disegnati da Gio Ponti, ad eccezione dei diritti concessi ad altri produttori, Molteni&C ha avviato un programma per riportare alla luce il prezioso lavoro di ricerca svolto dal grande maestro del XX secolo in oltre 50 anni di attività in vari campi: architettura, design, arti applicate ed editoria. 

Il progetto di riedizione ha dato vita a una collezione di arredi – modelli concepiti da Ponti come pezzi unici o in piccole serie – a seguito di un ampio processo di ricerca, selezione e studio di prototipi. La collezione, sviluppata in collaborazione con i Gio Ponti Archives e inizialmente sotto la direzione artistica dello Studio Cerri & Associati, comprende mobili e accessori disegnati da Gio Ponti dal 1935 agli anni ’70, ora parte della Molteni&C Heritage Collection. Nel 2024, la poltrona D.154.2, disegnata da Gio Ponti, ha ricevuto il Compasso d’Oro alla Carriera per i prodotti. Questo prestigioso riconoscimento riconosce l’eccezionale artigianalità, il design senza tempo e l’impatto duraturo di questo progetto unico, consolidandone lo status di capolavoro nel mondo del design dell’arredamento.

 Questa poltrona unica è stata creata da Gio Ponti per la Villa Planchart a Caracas nel 1954. La villa dei collezionisti Planchart a Caracas (1953-57) è stato uno dei progetti più cari a Gio Ponti. Come scrisse su Domus nel 1955, “Mi sono dedicato anima e corpo alla progettazione di Villa Planchart, e in essa ho avuto la libertà di esprimere il mio approccio all’architettura, sia all’esterno che all’interno”. Gio Ponti pensava a Villa Planchart come a una villa fiorentina a Caracas che combinava elementi della sua eredità italiana con l’ambiente venezuelano.

Ponti continuava: “Villa Planchart a Caracas è il risultato delle mie esperienze, in seguito ai miei viaggi in America Latina nel 1953. Deriva dalle mie riflessioni nel vedere alcune cose minori ma molto belle di Niemeyer […] e dal pensare, per contrasto, al Pedregal di Luis Barragan, a Città del Messico, cioè a quelle enormi ville tanto radicate nella roccia lavica quanto questo mio edificio appare staccato da essa”. Erano stati proprio i Planchart, Armando e Anala, a cercare Ponti per realizzarla. Nel giugno del ’53 lo raggiunsero nello studio Ponti – Fornaroli – Rosselli in via Dezza a Milano, grazie a un incarico ottenuto tramite il Consolato venezuelano in Italia. Villa Planchart – in origine nota come El Cerrito – è tutto; è un’opera d’arte completa, sintesi di arte, decorazione e design. È “dedicata ad Anala e Armando Planchart”, grandi collezionisti di arte europea (dipinti di Morandi e Campigli, vasi e sculture di Melotti, ceramiche di Picasso), di arte americana (una grande opera di Calder) e di arte venezuelana (opere del celebre pittore Armando Reveron). L’edificio “si appoggia a terra” amorevolmente, come una farfalla, senza peso, senza volume, senza massa.

Hannia Gómez, curatrice della Fundacion Anala y Armando Planchart, afferma: “Villa Planchart ha così tante cose in corso contemporaneamente che non è possibile assorbirle tutte in una sola visita. È piena di strati profondi, idee e metafore che si riferiscono al lavoro di Gio Ponti durante tutta la sua vita. Ad esempio, l’idea della “casa all’italiana” degli anni ’20, il collegamento con Andrea Palladio e le ville del Rinascimento, il design che è per metà moderno e per metà classicista. Questo rende questa casa un capolavoro. Ed è stata considerata dallo stesso Ponti come il suo gioiello, la sua migliore opera di architettura”.

Continua: “Una cosa meravigliosa del Compasso d’Oro è il piacere di vedere come la tradizione del design di Gio Ponti e la storia della sua vita attraverso il design possano continuare in futuro. La Love Chair è molto speciale per Villa Planchard perché fa parte del progetto originale di arredamento ed esprime lo spirito di quel momento, nel 1957, quando tutto era luminoso a Caracas, in Venezuela, quando architettura e progetti meravigliosi si svolgevano ovunque. Con questa ristrutturazione, con questo nuovo progetto di dare nuova vita al design di Ponti, il suo lavoro diventa un’ispirazione per il futuro. È meraviglioso per tutti noi”.

I Planchart erano i clienti ideali. Come scrisse Gio Ponti: “il cliente, come dice il mio amico Rogers, è colui senza il quale non si può fare architettura, e con il quale non si può fare neanche. Ma qui il cliente era colui con cui siamo stati in grado di fare architettura, al meglio delle nostre capacità”. L’architettura ha un mix interiore di inventiva e divertimento, ricco come la vegetazione tropicale che la circonda e che ha ispirato la forma floreale della nostra poltrona D.154.2: il patio decorato da Melotti, i balconcini e le finestre teatrali che si affacciano sul soggiorno, e le porte e i soffitti disegnati da Ponti. Telegrammi venivano telegrafati da Milano a Caracas, per decidere tutto, così come le navi cariche di marmi, mosaici, legni, sedie, divani, poltrone, piatti decorati in oro, luci e applique attraversavano l’Oceano. I mobili erano disegnati da Ponti e prodotti in piccole serie o realizzati artigianalmente in Italia. Villa Planchart fu un episodio fondamentale, forse irripetibile, nella carriera di Ponti dopo la seconda guerra mondiale. “Per questa straordinaria combinazione di un committente amante dell’avventura e di un architetto che si trovò nella posizione di mettere in pratica tutte le sue idee. Una complicità che rasentava l’audacia”, scrisse Fulvio Irace.