A vent’anni dalla sua scomparsa, fino al 27 aprile 2025, il MIC di Faenza dedica all’artista Giacinto Cerone – di cui possiede diverse opere nella propria collezione – una grande mostra a cura del critico d’arte Marco Tonelli che “riscopre” l’artista e raggruppa oltre quaranta sculture di vari materiali e periodi, più una serie di oltre trenta disegni (alcuni di grande formato).
Giacinto Cerone (1957-2004) è stato uno dei più originali e liberi scultori italiani, lontano da raggruppamenti, scuole, movimenti, stili o mode del momento. L’irruenza del suo linguaggio si misura a partire dai differenti materiali impiegati sia nella produzione scultorea (legno, ceramica, plastica, metallo, marmo, gesso, pietra) che in quella disegnativa, per lo più indipendente dalla realizzazione delle opere plastiche, oltre che nell’uso di tecniche legate alla velocità e alla gestualità.
Faenza è stata per Cerone una meta preferenziale fin dal 1993, quando cioè presso la bottega Gatti ha realizzato una serie di ceramiche smaltate utilizzando tecniche di lavoro forse poco ortodosse ma di forte espressività e sperimentando un grande varietà di colori e forme.
La mostra privilegia il modo stesso di operare di Cerone: per serie tematiche (come nelle rosse Malerbe, i Fiumi vietnamiti, i Gessi) o per singole opere dal carattere emblematico e per certi versi iconico e funerario (come Cenacolo e Ofelide). È in questa tensione che si gioca, nella diversità dei materiali, la struttura curatoriale della mostra “L’Angelo necessario”, quella sorta di “figura approssimativa”, “intravista, o vista un istante” descritta dal poeta statunitense Wallace Stevens e spesso delineata in modo inafferrabile nelle imperfette e liminali figure della statuaria interrotta di Cerone.
La mostra realizzata col coordinamento scientifico dell’Archivio Cerone e il sostegno di collezionisti privati vuole delineare la figura di uno scultore a tutto tondo e di una scultura totale (capace di distendersi orizzontalmente o addossarsi alle pareti), senza resti, di un artista attento anche al modo di installare le proprie esposizioni come fossero esse stesse opere in sé.
L’allestimento della mostra “L’Angelo necessario”, intende così riflettere il procedere di Cerone come fosse un gesto unico, senza soluzione di continuità tra materia e forma, vita e morte, pur nella diversità dei materiali e delle “sale” tematiche ricreate sfruttando la configurazione stessa dello spazio espositivo.