In occasione della sua prima partecipazione alla Milano Design Week, Margraf – storica azienda italiana con oltre un secolo di esperienza nella lavorazione del marmo – presenta CRASH, un’installazione radicale firmata dallo studio Hannes Peer Architecture, ospitata presso Spazio BIG Santa Marta, nel cuore del distretto delle 5VIE.
Un debutto potente, che mette in dialogo la tradizione del marmo con una visione contemporanea e concettuale: quella di Hannes Peer, architetto noto per l’approccio multidisciplinare e la capacità di fondere architettura, design e ricerca teorica. Il risultato è un’opera che sfida il marmo stesso – la sua funzione, la sua retorica, il suo immaginario.
Il marmo si piega. E parla
CRASH trasforma il marmo da simbolo di stabilità e purezza in elemento vivo e ribelle. Non più soltanto lastra, rivestimento, ornamento. Ma materia attiva, che si torce, si flette, si spezza. Che reagisce. Che si libera dal proprio destino.
La pietra si stacca dalle pareti, abbandona la verticalità, scivola a terra. In alcuni tratti si spezza, si contorce, come se stesse riscrivendo le leggi della propria esistenza. Una tensione fisica e simbolica, che rende visibile il conflitto tra la forma e la sua emancipazione.
«CRASH è una riflessione sul processo creativo come collisione, come frattura che genera nuova visione», spiega Hannes Peer.
Il progetto si inserisce in una tradizione che da Michelangelo a Luciano Fabro, fino a Noguchi, vede nella frattura non la fine di un’opera, ma l’inizio di una rivelazione. Il marmo, come in quelle poetiche, è qui colto in un momento di instabilità: non più solido, ma vulnerabile, e per questo potentemente espressivo.
Tradizione e ribellione
Per Margraf, CRASH rappresenta una nuova tappa del percorso che coniuga artigianalità, innovazione e visione progettuale. In mostra, il know-how aziendale incontra la sperimentazione più estrema: il marmo non viene semplicemente lavorato, ma sovvertito.
All’ingresso, il visitatore è accolto in uno spazio che evoca la cava d’origine, per poi essere guidato in una sequenza di gesti progettuali che interrompono la logica compositiva del materiale. Il punto culminante è una monumentale lastra che si piega su sé stessa, come se avesse ceduto a un’energia interna troppo grande da contenere.
«La creazione è raramente lineare», continua Peer. «Nasce da scontri, errori, tentativi. CRASH celebra questo processo».
Un’estetica dell’imprevisto
CRASH si presenta come una riflessione visiva e materica sulla fragilità, sulla bellezza dell’imperfezione, sulla possibilità di riscrivere anche ciò che crediamo immutabile. Il marmo, che da millenni incarna l’ideale di eternità, viene qui raccontato nella sua transitorietà, nella sua carica poetica e quasi umana.
Ogni crepa, ogni cedimento strutturale dell’installazione è una scelta: non un difetto, ma un linguaggio. Non un errore, ma un’intuizione. In questo senso, CRASH è anche un messaggio sul design contemporaneo: uno spazio in cui distruzione e trasformazione coesistono, e in cui la materia, finalmente, si mette a parlare.